Laratta il candidato della gente

Laratta, attuale assessore alle politiche del lavoro. Per dovere d’informazione, il giornalista cattolico non ha mai avanzato la sua candidatura.

Per certo, Laratta è molto amato nei comuni della provincia cosentina. Lavoratore instancabile, è sempre stato troppo poco moderato, sia pure mantenendo un naturale garbo, già noto dalle sue prime mosse televisive.

Laratta ha portato avanti numerose battaglie, tanto in ambito politico quanto a livello culturale, facendosi notare per il coraggio e la determinazione. Famosi sono i suoi scontri passati, con personaggi di rango, caratterizzati da uscite immediate e sempre molto convinte.

Chiamato in giunta dal diessino Antonio Acri, governatore provinciale, Franco Laratta era segretario dei popolari cosentini. In questi caldi giorni d’agosto, in cui i partiti lavorano a ritmo battente per costruire alleanze e programmare strategie elettorali, l’argomento più discusso è la contrapposizione fra Laratta e l’onorevole Mario Oliverio, parlamentare alla quarta legislatura e in odore di buonissima uscita. Lasciata la Camera dei deputati, potrebbe giocare la carta vincente della provincia.

Oliverio è ben visto dai Verdi e da Rifondazione comunista, ha tante amicizie e, in primo luogo, è leader diessino. Laratta, invece, può contare su una forte base popolare che, conoscendolo all’opera, scommetterebbe, senza troppi ragionamenti, su un cambio di rotta, verso il centro, nella gestione dell’ente provincia. Con serenità sincera, Franco Laratta ha risposto ad alcune domande su uno scontro preannunciato, tutto interno al centrosinistra.

 

Come è nata la sua candidatura?

”Ne ha parlato la gente. Non ho mai premuto, a questo riguardo. La Margherita ha già lanciato l’idea di una prima verifica, per individuare, fra i vari candidati della coalizione, quello più idoneo a rappresentarla. Questo è, a mio avviso, un esempio di democrazia diretta. C’è sempre una certa, antipatica distanza fra i partiti e la società. Credo che la dialettica politica sulla candidatura in oggetto non si deve risolvere all’interno delle nostre segreterie. La partecipazione al confronto deve essere popolare. Mi sembra estremamente significativo, se teniamo ad un sistema di reali garanzie politiche”.

 

Ci sarebbe un posto in giunta, per lei, con Oliverio come presidente?

”Non lo so. E non mi interessa. Non ho mai pensato al futuro in questi termini. Facendo l’assessore provinciale, ho imparato ad appassionarmi alla risoluzione di problemi ordinari e più complessi. Sono una persona libera, che ama proseguire un preciso discorso politico, al di là delle cariche. Per anni, ho lavorato nell’informazione, tentando di aprire il nostro contesto politico e culturale. Credo che la mia linea d’azione è rimasta uguale. Sono per una trasformazione che inizi dalle idee, a patto che ci sia modo di metterle a confronto”.

 

Qual è lo stato di salute della Margherita se, da quanto si dice i Ds continuano ad imporsi e a dettare legge?

”Tutti i cattolici, i moderati, sia dell’Ulivo che del Polo, subiscono, in questo momento storico, una sorta di isolamento. Prevalgono, dunque, altre posizioni, che non fanno riferimento al vero centro del paese. Ciononostante, ci stiamo impegnando soprattutto nella proposta, che, al di là delle parole astratte e dei movimenti dei partiti, resta l’unico elemento fondamentale per ogni vera riforma”.

 

C’è una differenza notevole fra l’amministrazione provinciale e quella comunale. Crede che all’iniziativa dell’una non corrisponda una risposta efficace dell’altra?

”L’amministrazione provinciale ha fatto molto per San Giovanni in Fiore. Ha dato un forte sostegno economico per varie esigenze. Ha lavorato sempre tenendo in considerazione il potenziale culturale e turistico della città di Gioacchino. La città ha ora un buon sindaco.

Riccardo Succurro meriterebbe un oscar solo per aver resistito così a lungo. San Giovanni ha camminato, in questi anni. Il recupero del centro storico ne è prova importante. Certo, non può sfuggire che abbiamo perso un’occasione d’oro, l’anno passato. Mi riferisco alle celebrazioni per gli ottocento anni dalla morte di Gioacchino. S’è fatto pochissimo e non ci sono stati dei benefici effettivi per la città”.

 

Non le pare che rispetto agli anni dei suoi programmi in tv, di Radio Sila, delle numerose commedie teatrali e del diffuso impegno sociale ci sia, oggi, un abbandono preoccupante?

”La realtà attuale è diversa. Quegli anni erano vivi e intensi. Ho sempre scommesso sui giovani. Addirittura, m’è rimasto il chiodo fisso d’una donna sindaco. La novità può innescare, se indirizzata correttamente, delle trasformazioni imprevedibili. Dobbiamo riprenderci con forza i nostri spazi. Dobbiamo essere liberi, anche se questo comporta sacrificio e rotture. Non possiamo dimenticare, però, che questa libertà di cui parli è molto compromessa dai favori, passati o presenti, resi dalla politica a professionisti e operai. Pertanto, le coscienze sono come obbligate a scegliere determinate strade. Per il passaggio a Crotone è stato così, è stato impedito”.

 

E’ ancora favorevole al cambio di provincia?

”Il controllo dei voti attraverso il potere è un fenomeno tipicamente meridionale. Il Nord si sviluppa per la sua mentalità e le sue strutture.

Il Sud segue ancora delle vecchie logiche di subordinazione. Penso, tuttavia, che le cose cambieranno. E aggiungo che, nel lungo periodo, sarà l’Africa a salvarci, non il rapporto con l’Europa. Su Crotone, ero e resto convinto che rappresenta la vera svolta. Siamo proiettati, in ogni senso, verso il mare. Purtroppo, adesso siamo in ritardo. Dovevamo cambiare anni fa. Saremmo stati il comune più importante del crotonese. San Giovanni si trova in una posizione assolutamente strategica. E’ cerniera geografica e culturale dell’una e dell’altra provincia. Oggi, andare con Crotone comporterebbe altri rapporti di forza politica rispetto a ieri”.

 

EMILIANO MORRONE