Trenta secondi dopo il 158 a 160 del Senato, un boato esplode anche a Montecitorio: grida, urla, slogan contro il governo attraversano il Transatlantico, lAula, la buvette di Montecitorio. Sono allincirca le 14.30 e al Senato si è compiuto il misfatto. Da lì tutti i Palazzi del potere sembrano crollare, tutto di colpo cambia, il vento freddo della crisi cancella ogni programma, gli eventi precipitano e tutto sembra portare verso una crisi senza precedenti: mai prima dora, a nemmeno un anno dalle elezioni, si rischia lo scioglimento delle Camere. Al Senato è bagarre: sento il sen. Franco Bruno che mi dice di un clima da stadio, di urla, caos, ingiurie e accuse. La bagarre raggiunge la Camera che dista poche centinaia di metri dal Senato. A farne le spese in Aula è il Ministro Rosi Bindi che tenta di rispondere al consueto question-time del mercoledì pomeriggio ma subisce lassalto della pattuglia leghista più velenosa che mai. I pochi parlamentari in Aula tentiamo una difesa del ministro, e anche noi rispondiamo a tono alle urla dei deputati della Lega. Il Presidente di turno, Castagnetti, a stento controlla lo svolgimento dei lavori, poi decide un aggiornamento della seduta al mattino successivo. Il clima tra noi parlamentari della maggioranza è di forte incredulità. Proprio ora. Proprio ora che il governo stava cominciando a muoversi meglio e a comunicare bene; proprio ora che la crescita economica tocca livelli che nemmeno un mese fa erano stati previsti; proprio ora che in una sala di Palazzo Chigi, il presidente Prodi, il sottosegretario Letta e ben 5 ministri erano riuniti con i vertici della Giunta Regionale calabrese per avviare il tanto atteso Tavolo per la Calabria. Proprio ora che i due maggiori partiti della coalizione si avviavano alla delicata fase congressuale.
Mentre al Senato il presidente Marini chiude i lavori per evitare il caos, decido di uscire dallAula di Montecitorio. Lungo i corridoi incontro ministri che corrono verso Palazzo Chigi, parlamentari che si chiedono a vicenda cosa succede ora?, altri che accusano DAlema di aver forzato troppo con quel se non passiamo al senato si va tutti a casa.
Mentre esco dal Palazzo avverto un clima pesante: attorno al Palazzo arrivano i rinforzi delle Forze dellOrdine e la Piazza viene transennata. Un elicottero sorvola con insistenza lo spazio aereo tra Montecitorio e Palazzo Chigi. Non capisco il perché di tanta eccitazione. Faccio qualche passo verso Piazza Colonna e capisco subito: una folla di un centinaio di giovani con in mano le bandiere di An urla dimissioni dimissioni verso il Palazzo del Governo. Le urla si fanno man mano più forti e insistenti. La piazza viene chiusa e la polizia ferma anche me, cosa del tutto insolita. Appena faccio vedere il tesserino parlamentare mi lasciano passare ma mi consigliano di non avvicinarmi troppo ai manifestanti. Comincia a piovere con insistenza, le agenzie di stampa battono decine di dichiarazioni. Giungono anche gli sms che ci avvertono di non allontanarci da Roma. Il capogruppo Franceschini corre a Palazzo Chigi per vedere Prodi ma prima fa giungere a tutti noi un messaggio: Nostro dovere istituzionale garantire conversione decreti in scadenza entro lunedì. Annullare tutti gli impegni e garantire presenza in Aula!
A passo veloce, per via della pioggia che continua a cadere, giungo a Palazzo Marini, sede degli uffici dei deputati. Leggo subito decine di sms che mi giungono da tutta la Calabria. Pierluigi Madeo, giovane segretario della Margherita di Longobucco mi scrive: Ma cosa accade? Non è possibile. Stella Fabiani di Diamante: Non possiamo permetterci una crisi. Sarebbe una cosa molto grave. Clelia Badolato, consigliere provinciale di Cosenza ritiene che la crisi sarà evitata e si potrà tornare a lavorare. Un mio caro amico di Lamezia è molto preoccupato perché proprio in questo momento si stavano affrontando i problemi della Calabria. Eugenio di Vibo: Franco no, non fate questo alla Calabria. Vi prego, trovate una soluzione.
Alle 19,30 mi giungono segnali di possibili vie duscita dalla crisi. Esco da Palazzo Marini e mi avvio verso la Camera. I manifestanti di destra sono sempre lì ad urlare. Incontro diversi colleghi del centro-destra con il sorriso stampato sul viso. Battista Caligiuri mi chiede se ho novità. In transatlantico giunge la notizia: Prodi si è dimesso. Ed ora? Tante ipotesi: Prodi chiede la fiducia alle Camere. Se ottiene la fiducia va avanti così, se no dovrà lasciare. Napolitano a questo punto gli affida un nuovo incarico, fa un altro governo ma DAlema rimane fuori per coerenza. Nemmeno questo. Cè chi dice che Prodi cade al Senato e si andrà verso un governo istituzionale (Marini?) che approvi una nuova legge elettorale, vari il Dpef, approvi la legge finanziaria e poi porti il Paese alle urne nella primavera del 2008. Tante chiacchiere ma nessuno sa realmente cosa accadrà nei prossimi giorni.
Qualsiasi cosa accadrà, nulla sarà più come prima. Berlusconi invocherà la piazza per cacciare il governo e far sciogliere le Camere; la debolezza del centro-sinistra si farà più evidente e tutto rischia di essere messo in discussione; i lavori alle Camere si faranno ancora più difficili. Per il Paese si intravedono tempi duri.
Franco Laratta