Via dalla Calabria? Mai!
Tre ragazzi lanciano “Dulcis in Fiore” e in un anno vincono la sfida. Oggi esportano in tutta Italia
Dulcis in Fiore
Un tuffo nella tradizione, e per tre ragazzi calabresi si apre un mondo: un’impresa giovane recupera l’antica pitta ’mpigliata della Sila e in meno di un anno di attività riesce a promuoverla e venderla in tutta Italia. E le richieste arrivano anche dall’estero.
Per la verità sono anni che diverse piccole e medie aziende sono nel campo della produzione di questo pregiatissimo dolce natalizio calabrese, che nelle diverse realtà della nostra regione assume nomi diversi e cambia anche qualcosa nel sapore e nei profumi.
Marco, Rocco, Giovanni (e altri collaboratori esterni) hanno ideato il progetto, lo hanno portato avanti e sono quelli ogni giorno sul campo a lavorare e lottare con le loro mani. Escono da studi universitari, hanno fatto esperienze in diversi campi, hanno uno spirito innovativo ma credono nelle potenzialità della nostra storia e della nostra cultura. Animo da montanari testardi, spirito di giovani moderni che non si rassegnano a dover lasciare la Calabria.
Questi tre ragazzi di San Giovanni in Fiore, in piena crisi, sotto l’incubo della pandemia, con la paura di dover interrompere idee progetti, sono riusciti nel loro intento.
“Il nostro primo anno per la verità ci ha visti impegnati solo negli ultimi 4 mesi, da quando siamo usciti allo scoperto! Ma il nostro lavoro, i nostri piani, i nostri progetti hanno origine da molto più tempo”.
La carta vincente dei ragazzi di “Dulcis in Fiore” si chiama “insieme”, progettare e lavorare con spirito di squadra e tanta abnegazione, affrontando i più disparati ostacoli che si incontrano sulla strada del fare impresa. Soprattutto in Calabria.
“Abbiamo scommesso, osato, investito, sofferto, ma tutto sommato abbiamo vinto, perché ci abbiamo creduto e ci crederemo ancora! Siamo solo all’inizio, ma Dulcis in Fiore andrà ancora molto lontano”.
“𝑁𝑒𝑙 𝑝𝑒𝑟𝑖𝑜𝑑𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑟𝑒𝑐𝑒𝑑𝑒𝑣𝑎 𝑖𝑙 𝑁𝑎𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑐’𝑒𝑟𝑎 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑛𝑛𝑜𝑖𝑎𝑟𝑠𝑖. 𝑆𝑖 𝑐𝑜𝑚𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎𝑣𝑎 𝑔𝑖à 𝑚𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑐𝑜𝑛 𝑙’𝑢𝑐𝑐𝑖𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑚𝑎𝑖𝑎𝑙𝑒, 𝑚𝑎 𝑝𝑜𝑖 𝑎𝑔𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖 𝑑𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑒𝑚𝑏𝑟𝑒 𝑐𝑖 𝑠𝑖 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑣𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑝𝑖𝑡𝑡𝑒 ‘𝑚𝑝𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎𝑡𝑒, 𝑖 𝑡𝑢𝑟𝑑𝑖𝑙𝑙𝑖 𝑒 𝑖 𝑓𝑟𝑖𝑡𝑡𝑖. 𝐸 𝑐𝑜𝑠ì 𝑠’𝑖𝑛𝑐𝑜𝑚𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑑 𝑎𝑚𝑚𝑎𝑐𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑛𝑜𝑐𝑖, 𝑎 𝑝𝑢𝑙𝑖𝑟𝑒 𝑒 𝑙𝑎𝑣𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 “𝑝à𝑠𝑠𝑢𝑙𝑒” (𝑢𝑣𝑎 𝑝𝑎𝑠𝑠𝑎), 𝑎 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑒 𝑑𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑙𝑖𝑒𝑣𝑖𝑡𝑜, 𝑛𝑜𝑐𝑒 𝑚𝑜𝑠𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑒 𝑐𝑎𝑛𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎, 𝑖𝑛 𝑚𝑜𝑑𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑙 𝑚𝑜𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑜, 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑢𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑙𝑒 “𝑐𝑜𝑚𝑎𝑟𝑖”, 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑒𝑟𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑛𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒𝑟𝑠𝑖 𝑎 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜.”
[Fonte: Biblioteca Comunale San Giovanni in Fiore]
La pitta ‘mpigliata, in molte zone della Calabria, ad iniziare dai centri della Sila, era il dolce per eccellenza in una cucina povera, in una “dieta dei poveri”.
La sua preparazione, infatti, richiedeva pochi elementi facilmente accessibili a tutti, perché disponibili in natura.
Pensiamo alla farina, sempre presente nelle case per la preparazione del pane fatto a mano e cotto a legna; pensiamo alle noci, che i contadini reperivano nei loro campi o da piante selvatiche; pensiamo ai fichi secchi, che nei decenni sono stati poi rimpiazzati dall’uva passa.
Bastava avere questi semplici ingredienti, insieme a zucchero e qualche altra spezia, per preparare l’impasto e riempirlo poi col ripieno, ben amalgamato alcune ore prima.
E da questi semplici prodotti della natura, richiamando l’antica ricetta del 1700, che i nostri tre ragazzi hanno iniziato a produrre. Tre ragazzi coraggiosi, con le idee chiare e determinati, rappresentano un segnale per questa nostra terra.
Non tutto è perduto fino a quando ci saranno giovani che osano. Tanto e senza paura.