Troppo gelo sulla vicenda Principe
Pubblicato su “il Quotidiano del Sud”, mercoledì 1 giungo 2016
Mi piacerebbe dire due cose su Sandro Principe, agli arresti domiciliari da qualche mese.
Sulla sua vicenda è calato un impenetrabile silenzio, sin dal primo momento. Zitti anche quelli che hanno avuto da Principe, quelli che sono stati beneficiati negli anni dalla sua forza politica ed elettorale. Nessuno ha sentito il bisogno di dire una parola che fosse una.
Hanno taciuto pure i ‘figli’ politici, e sono tanti, dell’ex capogruppo PD in consiglio regionale. Così pure quelli che vivono a Rende ( una città modello, diventata rapidamente una città fantasma da quando Principe ha subìto una cocente sconfitta elettorale, per colpa delle sue ultime scelte poco lungimiranti, ma grazie anche al ‘fuoco amico’ che aveva l’obiettivo vero di eliminarlo dalla scena politica).
Rende. Quella Rende che grazie a Cecchino Principe prima e a Sandro poi, è stata concepita e realizzata come la più bella città della Calabria, una delle più belle, verdi e moderne d’Italia. Oggi in lenta e inesorabile decadenza.
Dico qualcosa io che da Principe non ha mai avuto nulla, nemmeno un voto alle primarie per le elezioni politiche nazionali del 2013, nonostante glielo avessi chiesto. Principe guardava a se stesso, quasi fosse un Re Sole, un padre padrone. E faceva le scelte secondo i suoi calcoli. Negli ultimi anni, i calcoli sono risultati sbagliati. E a farne le spese è stato lui stesso e le sue ambizioni politiche. Ma se Rende è Rende lo si deve ai Principe, ad iniziare dal grande Cecchino, fino a Sandro e alle sue qualità.
Principe ha saputo essere vero e determinato amministratore, uomo politico di livello, socialista e laico lucido e sempre avanti. Spesso un visionario.
Inutile ripetere qui quanto il carattere duro, spigolosissimo e arrogante dell’ex sindaco di Rende lo abbia fortemente danneggiato, fino a renderlo difficilmente sopportabile.
Questo lo riconosceva lui stesso. Questo era ed è Principe. Prendere o lasciare.
Quello che voglio dire qui (escludendo ogni riferimento ai fatti giudiziari dei quali non conosco nulla), è che la politica calabrese è davvero piccola piccola. E che i politici calabresi sono per lo più modesti. Ed io tra questi.
Sono pochi quelli che si distinguono per capacità, intelligenza, competenza. Uno di questi era, e chissà se lo sarà ancora, Sandro Principe. Verso la cui vicenda umana è sceso il gelo agghiacciante della classe dirigente calabrese, e prima ancora di tutto il PD e della sinistra. Non un sussurro, non un grido. Perfino gli sgangherati organismi provinciali e regionali del PD hanno mai sentito la necessità, quantomeno per finta, di discutere e analizzare quanto è successo, magari a ‘porte chiuse’. Nulla di nulla. Come se Principe fosse morto sul colpo e poi sepolto senza nemmeno autopsia, senza nemmeno uno straccio di funerale di terza classe.
Uno come lui non meritava tanto l’assoluzione, quella se avverrà, lo sapremo a tempo debito dai processi ( immaginiamo saranno tempi lunghissimi!) e sinceramente glielo auguriamo.
Ma meritava- e merita ancora- almeno due righe, ma proprio due, che suonassero più o meno così: “Caro Sandro, ti siamo vicini. Per tutto quello che hai fatto per Rende e per la Calabria, per il tuo intuito, per essere sempre stato un politico visionario. Ti aspettiamo”.
Ma sarebbero bastate anche due frasi mediocri e banali come queste: “Caro Sandro, ci dispiace, non mollare, avrai modo di chiarire”.
Ma niente, zitti, tutti zitti.
” Mors tua vita mea”, è una locuzione latina, di origine medioevale, che significa morte tua, vita mia.
Va così, caro Sandro. Forse è sempre andata così. In fondo in politica siamo tutti un po’ canaglie. Perché canaglia è l’uomo in quanto tale.
Non rimane che attendere il giudizio della storia, o almeno quello del tempo, che notoriamente mette ogni cosa al suo posto.