«Scandalo per il baciamano, come se nessuno sapesse»
«Un bacio è troppo poco per capire veramente che mi piaci», cantava Mina negli anni ’60. Un bacio, in Calabria, sia pure un baciamano, non è mai troppo poco, perché può avere un significato terribile. Come accade per alcune processioni, dove perfino le statue dei santi si fermano, miracolosamente si inginocchiano, fanno perfino gli inchini. Un “poveraccio” ha baciato la mano a un boss ricercatissimo: fatto gravissimo. Ma il fastidio ancora più grave sono le reazioni di meraviglia e scandalo. Come se nessuno sapesse.
Quello che, a mio avviso, è più grave del baciamano al boss arrestato, è il bacio dell’indifferenza. L’indifferenza che consente alle mafie di vivere, crescere, di conquistare sempre maggiore potere. C’è poi un bacio ancora più grave: il bacio del silenzio. Il silenzio di chi dovrebbe urlare contro la tracotanza dei clan, contro la loro arroganza, contro quel bacio maledetto.
Il bacio del silenzio è il bacio della complicità. Cosa fanno le istituzioni, le scuole, le università, i partiti, la chiesa, le associazioni? Sì certo, qualche manifestazione contro la criminalità organizzata, qualche noioso convegno, gli inutili protocolli della legalità, ma poi tutto procede come prima, più di prima. Nell’indifferenza dei ragazzi, attratti dalle tecnologie, non conoscono la necessità dell’impegno. Manca la voglia di lottare veramente contro la criminalità mafiosa. Lotta che non possono fare solo i magistrati (che spesso arrivano tardi, troppo tardi, non disponendo di mezzi, strumenti e qualità necessari), un po’ di preti coraggiosi, qualche associazione. Ci vuole molto, molto di più; ma più passa il tempo e più scema la voglia di combattere. Si fa strada la rassegnazione, rafforzata dall’atroce dubbio che questo male non si possa più sradicare. Meglio: non lo si voglia sradicare, non si sappia come sradicarlo.
E intanto la criminalità cambia strategie e obiettivi. Il suo vero nome adesso è corruzione, quella devastante corruzione che toglie risorse e ossigeno alla Calabria, ne impedisce crescita e sviluppo. L’altro nome della criminalità è ignoranza e incompetenza. Molte istituzioni sono in mano a incapaci e incompetenti, i primi veri alleati delle cosche. Politici e burocrati incapaci spalancano le porte alla corruzione, alle tangenti, al malaffare.
La criminalità organizzata è anche figlia del crollo culturale della nostra terra, del degrado morale, della fine della passione politica e degli ideali. Siamo sempre più amorfi, stanchi, distratti. Manca la voglia di lottare, di rischiare. Manca il coraggio di sfidare i più forti, i potenti. Mentre lo Stato non ha più la voglia di mettere in atto una rivoluzione in tutte le sue istituzioni, capaci di lottare e vincere la battaglia della legalità.
Non sarà la repressione a sconfiggere le mafie, non saranno nemmeno le procure che negli ultimi tempi stanno assestando colpi durissimi ai clan. Se non partecipa attivamente la gente, cioè i giovani, tutte le istituzioni, la scuola, la politica, i sindaci, le università, la chiesa, le imprese, quindi tutta la società, non si può sperare. E il mondo della cultura? E gli intellettuali? Ma dove sono, cosa fanno?
Se la rivoluzione civile non parte dal basso, non ce la possiamo fare. Non ce la possiamo fare.
«Un bacio è troppo poco…»!