Reagire, lottare, combattere…!
È arrivata l’ora di sconfiggere l’indifferenza.
Andrea Novembrino, 21 anni di Spezzano Albanese, al secondo anno di ingegneria gestionale, ha un forte attaccamento alla propria terra. E tanta voglia di reagire, di gridare. Vive l’esperienza universitaria come fosse testimonianza viva e attiva, cioè impegno concreto a favore degli studenti, dei loro problemi. E’ un ragazzo che si presenta distaccato, riflessivo, lontano da un mondo che oggi è sempre più caotico. Ma poi in realtà nel suo dire si riscontra un carattere forte, duro, molto franco.
– Lo spirito Arbreshe, la forza di lottare.
“Një trim i njëzeteçem në kallavrì, sot si sot është i mëritur, i mëritur pse di se ndose qëndron ka pak udha sa të zgjedh, për ndjet nji dheu i sëmuret, ku kryetaret jan mafia e pollitika e kalbet, di se ndose qëndron ka të gjellonj ditë për ditë njëmos ka të marr sa t’ikinj”! (Andrea parla dei ventenni calabresi, rassegnati, perchè non vedono sbocchi, perchè -dice- questa terra è malata, governata dalla mafia e dalla politica corrotta. E invita a reagire).
Avere vent’anni mentre il mondo ha ripreso a girare all’incontrario.
Noi giovani che saremo la nuova classe dirigente, noi giovani che abbiamo i mezzi di comunicazione per farlo ma che troppe volte restiamo in silenzio, noi giovani che dovevamo essere i primi ad opporci a questo andazzo, siamo stati troppo molli, indecisi, rassegnati, complici. Governati dalla mala informazione e da un’assenza di spirito di ribellione, abituati a subire in silenzio le scelte altrui. Ora più che mai abbiamo l’obbligo morale di rimettere in piedi la nostra terra, facendola girare intorno a noi Giovani che ne siamo il motore pulsante.
-Quei giovani calabresi così cocciuti…
“Po na trimëra kallavrisë jemi me kryet e thatë mbami mëmëdheun jemi gjinde me zëmer e me ëndërra” (in albanese Andrea parla dei giovani calabresi che lottano, perchè sono cocciuti, patriottici, romantici. Li vorrebbe più forti e determinati!).
–Tutto è virtuale in questo mondo senza emozioni, senza più parole.
La rete, con i vari social network, sta soffocando i rapporti umani, soprattutto delle nuove generazioni, ci sentiamo costantemente messi in gioco, come se dovessimo dimostrare qualcosa a tutti, ma troppe volte ci rinchiudiamo in noi stessi, e finiamo per sentirci soli e deboli. Mondi virtuali e rete che si sono rivelati dei veri e propri boomerang nei nostri confronti diventandone dipendenti, in una sola parola schiavi. Abbiamo perso la concezione dei rapporti, la concezione del divertirsi in maniera genuina , perdendo una libertà che è quella stupenda dei rapporti umani vissuti a 360 gradi. Come canta la nuova hit dell’estate di J-AX e Fedez ‘ogni ricordo è più importante condividerlo che viverlo’. La rete ormai sostituisce i rapporti umani.
-L’indifferenza del mondo mentre il Mediterraneo diventa una grande tomba.
L’indifferenza è la parola chiave di un secolo che ha scelto di voltare le spalle agli ultimi della terra. Il Mediterraneo culla della civiltà trasformato in una tomba. Tomba di persone che con la forza della disperazione scappano dal proprio paese non vedendo più la possibilità di sopravvivere lì, rincorrendo un sogno situato sulla sponda opposta, sogno che nella maggior parte dei casi ha dei riscontri tragici. Dalle tante, troppe volte che succede è diventato abitudine sentirne parlarne. Abitudine che al posto di sensibilizzare le persone ha creato un indifferenza tale da lasciar il mondo in silenzio davanti a tali tragedie.
–Reagire, lottare, combattere…!
È arrivata l’ora di combattere questa indifferenza, perché non è con l’indifferenza che si risolvono i problemi, e trovare un rimedio per fermare questo vero e proprio sterminio di essere umani. Perchè come diceva Gramsci: “L’indifferenza è parassitismo e vigliaccheria, l’indifferenza è il peso morto della storia”.
-Quel marcio che affligge la Calabria… Dashuromi dheun tënë. Poka pse nëng ndërromi tënin helmim me mendime, e me gjithë të tjeret shurbise çë bezënjarnjen sa të luftohet gjithë ate ç’është i kalbet (l’amore per la Calabria, la voglia di lottare per cambiarla, il desiderio di sconfiggere il marcio).
Andrea Novembrino vive in uno dei paesini calabresi di origine arbëresh, fondati tra il quattrocento e il cinquecento da migranti albanesi in fuga, diretti nel meridione d’Italia. Qui ridanno vita ai loro villaggi incendiati e distrutti dai turchi, conservando il nome d’origine, mantenendo lingua, usi e tradizioni. Nelle comunità arbëreshe si vive con tensione e passione il dramma di questa nuova epoca dei migranti e dei rifugiati, dei poveri disperati in fuga dalle loro nazioni in guerra, nel tentativo di salvarsi da morte e persecuzione.