Perché Gratteri è fuori dal governo?
22 febbario 2014
L’incontro inizia in ritardo, la lista dei ministri aveva qualche casella vuota ed era anche diversa da quella inviata poco prima a Napolitano. Per un tipo puntiglioso e attentissimo ai dettagli come Napolitano, non è un buon inizio!
Ma Renzi ha dovuto sudare le proverbiali sette camice per mettere insieme una squadra di governo, che fosse in linea con i problemi del Paese e nello stile dell’ex sindaco di Firenze. Ha dovuto lavorare giorno e notte fra mille difficoltà, pressioni, veti incrociati! Una roba da far impazzire anche un premier carico di energia e voglia di fare, come lui.
«Volevo un governo ancora più politico, ma non funzionava. Allora ho forzato, ho puntato tutto sul fatto che si passasse dal “Letta-Alfano” al “governo Renzi”. Perché sia chiaro: questo governo risponde solo a me. Se sbagliamo è colpa mia, solo mia. Se c’è una responsabilità è mia, punto. Non ci sono più alibi» (così oggi Repubblica).
Il presidente della Repubblica, che secondo Costituzione nomina i ministri su proposta del presidente incaricato, evidenzia subito alcune criticità nella lista di Renzi. E solo delle criticità vorrei parlare ora.
Alla Giustizia, Renzi voleva un magistrato, competente e stimato, e puntava su un nome: il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Gratteri. Altro nome probabile era quello di Cantone, conosciutissimo magistrato anticamorra.
Ma il presidente della Repubblica, che è anche presidente del Csm, organo di autogoverno della magistratura, fa notare con forza che «c’è una regola non scritta per il ministero di Giustizia: mai un magistrato in quel dicastero. Mai!».
Così, in effetti, è sempre avvenuto.
Quindi non si discutono i nomi e le qualità delle persone indicate da Renzi, ma probabilmente per evitare guerre intestine nella già tanto devastata magistratura italiana, divisa i correnti e sottocorrenti, i presidenti della Repubblica hanno sempre rispettato quella norma non scritta, divenuta poi vera e propria regola al momento di comporre i governi.
E così Renzi pensa di indicare Andrea Orlando, anche perché «Andrea è un dirigente della sinistra e ha fatto il responsabile giustizia per 4 anni nel pd di Bersani». La stranezza era semmai una: come si era trovato al ministero dell’Ambiente nel governo Letta?
Altro problema: il ministero degli Esteri. Renzi vuole cambiare, preferisce dare un segnale di freschezza anche in questo importante dicastero ed indica una novità assoluta: Federica Mogherini, giovane e stimata parlamentare, responsabile Affari internazionali del Pd.
Napolitano vorrebbe una certa continuità nella politica estera in un «momento internazionale difficile». Vuole confermare Emma Bonino, ma non ha nulla contro la Mogherini, sebbene l’età (40 anni) poco indicata per un dicastero di grande importanza. Renzi insiste, Napolitano alla fine accetta.
E il presidente incaricato approfitta subito del momento e chiede a Napolitano una donna alla Difesa! Una cosa mai vista prima in Italia: e piazza la senatrice Roberta Pinotti, Sottosegretario allo stesso dicastero, e nella scorsa legislatura Presidente della Commissione Difesa della Camera. Due bei colpi che danno al governo Renzi due donne, competenza e freschezza.
Dell’Economia si era parlato tantissimo nei giorni scorsi. Renzi aveva vagliato tutte le soluzioni possibili, ma soprattutto non voleva la riconferma di Saccomanni, come invece molte istituzioni europee chiedevano, compresa la Bce di Draghi.
Nella lista di Renzi non c’è però il politico che avrebbe voluto (Del Rio) ma che Napolitano non avrebbe gradito, ma un tecnico come voleva il capo dello Stato, un economista conosciuto e stimato in Europa e che comunque in Italia aveva già lavorato al governo con D’Alema. E così passa facilmente Pier Carlo Padoan.
Altra casella complessa è quella dello Sviluppo economico. Fuori lo sbiadito e inconsistente Zanonato voluto da Bersani, Renzi indica il romagnolo Giuliano Poletti, profondo conoscitore del mondo del lavoro, che lui stesso definisce «uno straordinario uomo di sinistra, uno che quando ci saranno le crisi aziendali andrà in mezzo alla gente anziché stare seduto burocraticamente al tavolo del negoziato».
Sorvolando su tutte le altre scelte, dove comunque non si può non notare che alcune sono veramente “renziane”, nel senso di rottura rispetto al passato, altre sono legate agli equilibri interni alla maggioranza, una nota particolare va riservata alla scelta, a sorpresa, dell’ex sindaco di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta. Una donna al centro di vicende gravissime legate alla criminalità organizzata, che ne hanno fatto un simbolo in tutto il Paese. La neo-ministra agli Affari regionali non è legata a Renzi, anzi in direzione nazionale pd (quota Civati) si era schierata contro il segretario e contro la sua decisione di sfiduciare Letta.
Per la Calabria, al di là di tutto, un bel segnale.