Il primo giorno di non-scuola.
La bambina è piccola, bionda, molto carina. Si chiama Ester Fintz Menasce.
Con la mamma che l’accompagna, va a scuola, per frequentare la terza classe della scuola elementare di via Stoppani a Milano.
È il primo giorno del nuovo anno scolastico del 1938, anno prima dell’era delle leggi razziali.
All’ingresso dell’aula, il direttore va velocemente incontro alla bambina e le dice: “Ferma, ferma, tu no. Tu non puoi entrare, tu non puoi frequentare più!”
La mamma immaginava tutto, del resto i genitori ebrei erano stati preavvisati. Così abbassa gli occhi e riporta a casa Ester, che scoppia immediatamente a piangere, di un pianto che sa di sconcertato. E di mille perché.
Il 1938 venivano applicate per la prima volta le leggi razziali e gli ebrei italiani-come quelli di altri paesi d’Europa- dovevano fare i conti con la persecuzione sempre più feroce da parte dei nazisti e dei fascisti.
La gente aveva sottovalutato, per paura, quello che stava succedendo in Italia: il regime fascista aveva formalmente avviato la pulizia etnica nel paese. L’obiettivo era la difesa della razza ariana, e l’eliminazione degli ebrei. Razza, la parola razza che la gente utilizzava quasi esclusivamente per gli animali, divenne una parola di odio, morte, terrore.
I ragazzi ebrei uno dopo l’altro vennero espulsi per legge dalla scuole del regno.
Poi toccò ai docenti, i presidi, i magistrati e via via a chiunque fosse ebreo.
Nessuno protestò, nessuno disse una parola, nemmeno gli uomini di cultura, la stampa, per molto tempo nemmeno le gerarchie cattoliche.
Gli ebrei erano da quel momento e ufficialmente i nemici dell’Italia, pur essendo loro stessi italiani da generazioni.
Poi si sarebbero aggiunti altri nemici: zingari e omosessuali in primis.
Quella piccola bambina bionda espulsa dalla sua scuola, riceveva ogni giorno a casa la visita dei suoi compagni di classe: per giorni giocavano con lei, le facevano compagnia, le raccontavano cosa avevano fatto a scuola. E poi giocavano nel cortile.
Poi, giorno dopo giorno, i bambini diventavavo sempre di meno, fino a quando nessuno andò più a far compagnia ad Ester e alla sorellina, anch’essa espulsa dalle scuole.
Arrivarono perfino a dirle che non potevano più vederla, che non poteva più giocare con lei, perché era di razza ebrea. Ed era cattiva.
Il seme dell’odio era penetrato dappertutto. Perfino le mamme dei bambini ne erano rimaste contagiate, arrivando a spiegare ai loro figli che gli ebrei erano i nemici del paese.
I giornali e la radio di Stato avevano fatto un buon lavoro per mesi, anni, sulla necessità della difesa della razza. E sull’odio verso gli ebrei.
Dopo qualche tempo cominciò lo sterminio dei ‘nemici dell’Italia’: furono ovunque arrestati e costretti a salire con la forza, insieme a migliaia e migliaia di famiglie di tutta Italia, sui carri merci di un lungo e lugubre convoglio ferroviario. Sarebbe stato il loro ultimo viaggio. L’ultimo viaggio per milioni di ebrei che dai campi di concentramento non sarebbero più tornati vivi.
“Io sono stata fortunata, in qualche modo, perché sono qui ancora a raccontarlo – dice oggi la signora Ester, 90 anni, due lauree, una delle quali alla Columbia di New York, scrittrice, saggista”.
Quella bambina bionda, espulsa da scuola perché ebrea, è sopravvissuta miracolosamente, vive a Milano, è molto anziana, ma molto lucida e attenta.
Ricordando quei fatti terribili che ha vissuto da bambina, dice con voce grave: “Non vorrei che queste cose capitassero di nuovo oggi”!!
P.S.: Angelo e Andrea vivono a Stallavena, piccolo comune in provincia di Verona.
L’altra notte su un muro della loro casa è apparsa una svastica e la scritta: “Vi metteremo tutti nelle camere a gas”. Ad Angelo, che si era affacciato perché sentiva dei rumori, è stata rovesciata addosso un’intera tanica di benzina ed è finito in ospedale. La loro solo colpa è quella di essere una coppia gay.
Nel frattempo, negli ultimi due mesi, circa 50 ‘negri’ sono stati malmenato, aggrediti, anche sparati, dal Nord al Sud del paese: “Ve ne dovete andare, l’Italia è nostra. Vi cacceremo uno ad uno”!
Inizia l’anno scolastico nella civilissima Italia della Terza Repubblica.