Il 14 dicembre, la fine di un’epoca!
Il 14 dicembre è una data che sarà ricordata a lungo. Per alcune ragioni importanti.
La prima. Ha segnato la fine della seconda Repubblica. E finito il centrodestra così comera stato concepito e popi votato da una valanga di elettori per 15 anni consecutivi; la fine della politica berlusconiana che ormai si aggrappa miseramente ai voti di un Razzi qualunque o di uno Scilopoti di turno per sopravvivere. Peggio che nella prima Repubblica, certamente non indenne a questi metodi. Da oggi finisce il bipolarismo, su cui si reggeva lintero impianto della seconda Repubblica. Finisce la devastante coabitazione fra la struttura istituzionale di tipo proporzionale e lattuale assetto maggioritario e pseudo-presidenziale, che poggiava la sua ragione dessere nella cosiddetta costituzione materiale. Cosa nascerà da oggi in poi nessuno lo sa, ma che tutto sia finito lhanno capito in tanti.
La seconda. Il ritorno della tragica violenza degli anni 70. La violenza di piazza, la guerriglia sulle strade, lo scontro diretto con le Forze dell Ordine. Sono tutti pericolosi segnali di una vasta rete di aggressività e di violenza che cova da tempo sotto le ceneri di un profondissimo malcontento, anzi di una rottura tra il Paese e le sue classi dirigenti. I cittadini stanno sempre peggio, intere categorie sociali sono come tramortite da una crisi senza fine, le nuove generazioni sembrano vivere come sospese: non hanno memoria del loro passato, non vedono il futuro. E, cosa che hanno capito tutti, il peggio deve ancora venire, perché il Paese non ha più risorse, ha bruciato tutto negli anni passati, non ha saputo fare scelte in termini di rigore e austerità, non cresce più in termini di sviluppo, occupazione e quindi di Pil.
La terza. La blindatura del Parlamento proprio mentre in Aula si decideva il destino del governo e della stessa legislatura. Faceva un effetto terribile vedere i blindati della Polizia e centinaia di militari circondare le Camere, isolarle dal resto del Paese, impedire a chiunque di avvicinarsi, tenere di fatto chiusi, come prigionieri, i parlamentari. Fino a sera tardi.
Immagine terribile di una democrazia ferita: le Camere segregate, mentre fuori la città andava a fuoco, e decine di migliaia di manifestanti veri (le mamme di Terzigno, i terremotati dell Aquila, i giovani universitari anti Gelmini) venivano sopraffatti, cancellati, impediti a protestare dalla violenza di un centinaio di aggressori e dalla cecità di un governo che fa finta di risolvere i problemi e sembra vivere in un fantastico reality show! La classe governante ha paura della gente, non ha più argomenti convincenti per provare la sua stessa esistenza, e così scappa via, per non dovere ammettere il suo fallimento.
In tutti questi motivi si legge la profonda crisi della politica, che non sa trovare più soluzioni, e che si chiude nei palazzi in cerca di qualche deputato da corrompere. E la crisi di un Paese che vive come smarrito, che non riesce più a trovare punti di riferimenti, idee per un futuro da costruire.
Nella fine di unepoca, sancita paradossalmente da quei tre voti in più conquistati dalla maggioranza di governo, non cè traccia dellinizio di una nuova storia. Con il rischio di un lungo e pericoloso galleggiamento. Il Paese oggi ha bisogno di essere governato, di essere gestito, di vedere tracciati nuovi obiettivi, nuovi traguardi. Niente di questo si vede allorizzonte. Anzi.
Proprio mentre scrivo, quasi a conferma di quanto appena affermato, giungono alcuni dati davvero preoccupanti: sono dati dell’Ocse relativi alla pressione fiscale che in Italia ha raggiunto il 43.5%, in aumento rispetto al 43,3 % dellanno precedente. Il nostro Paese ha superato il Belgio e ora ha davanti soltanto la Danimarca (48,2 per cento) e la Svezia (46,4 per cento). La media nell’area dell’Organizzazione è del 33,7 per cento, in calo sia rispetto all’anno precedente che al 2007.
Nel frattempo sono giunti anche i dati di un nuovo record del debito pubblico.
Quindi il Paese si indebita sempre di più, le entrate fiscali continuano a calare, i consumi sono al palo, la disoccupazione è al livello di allarme rosso, la pressione fiscale raggiunge livelli elevatissimi e ormai insopportabili.
In queste condizioni il Governo spera di galleggiare per 6 mesi, o forse un anno ancora.
Difficile non capire che in sei mesi possono accadere cose drammatiche, che nessuno sarà più in grado di gestire o controllare.