Contro i meridionali che scappano, io bombarderei i treni!
“Pazzi, incoscienti, cerebrolesi, vanno rispediti al Nord a calci in culo, vermi maledetti”. Questo, e molto di più, si legge sui social contro i meridionali che fuggono dal Nord, tantissimi dalla Lombardia. Molti di loro hanno perso il posto di lavoro. Altri erano chiusi in casa (spesso in una cameretta) e sono andati nel panico. Paura e disperazione in tantissimi.
Ma al Sud nessuno è disposto a comprenderli. “Sono gli assassini della Calabria”.
Parole terribili, senza pietà.
“Usate la voce e le dita non solo per andare contro chi è sceso dal Nord per recarsi in Calabria, anche se devo darvi pienamente ragione (magari usando un pò più di tatto)”. Lo scrive Cristina, chiusa in casa da quasi un mese, a Milano, lontana dagli affetti ormai da mesi ma che decide di rimanere, per non mettere a rischio le persone che ama. “Credetemi, non è facile stare da questa parte. Panico, irrazionalità e la voglia di tornare a casa giocano brutti scherzi. Ma so che molti di voi non possono capire”.
Cristina è rimasta profondamente colpita dalle espressioni lette sui social: “Leggere le vostre parole ma vedere che c’è chi se ne sta beatamente in giro per locali con centinaia di persone intorno, inizia a non avere senso. Si sta perdendo l’obiettivo. Più che lottare contro un virus, ci stiamo mettendo uno contro l’altro. Invito chi sta sù ad avere pazienza e forza perché li capisco. A chi è sceso va fatto un rimprovero, perché non è stato aiutato dalla razionalità, purtroppo. A chi sta giù di diminuire i duri attacchi e le brutte parole, possono distruggere psicologicamente. Prego per la Calabria perché ne ha bisogno. Ne uscirai vincitrice”.
E c’è la disperazione di una mamma, Rita Treglia: “Ieri quando ho saputo che Padova era zona rossa ho pianto. Mio figlio vive lì. Da quando è esploso il Coronavirus mi ha detto: “Mamma io non scenderò neanche per Pasqua e tu non sali”. L’amore è protezione dei più fragili, in questo caso lui protegge me. Così si fa”.
L’ironia di Ciccio Rosina è micidiale: “I meridionali che stanno tornando al sud non scappano da nessuna guerra e inoltre sono tutti palestrati e con cellulari di ultima generazione. Io direi di bombardare i treni”.
Un tweet di “Dyd”: “Ho mia sorella nella zona rossa a Modena, mia mamma, mia sorella e tanti parenti e amici giù in Calabria. Nessuno di noi si muove per senso di responsabilità verso tutti.
Perché si puo scegliere di farlo funzionare il cervello oppure no”.
Ivan accusa: “Io non sono in zona rossa, ma vicino. Ho la TL di IG con tutti a sciare o in montagna a camminare. Mi è balenata l’idea che il pirla sono io. Boh”.
Un tweet molto bello e responsabile del giovane ingegnere calabrese a Milano, Giovanni Romano: “Un consiglio al Sud, ai miei compaesani, a tutti i miei amici giù.
Non minimizzate il problema, avete la possibilità di non fare crescere il contagio perché sapete di più di quanto si sapeva qui in Lombardia 14 giorni fa. No allarmismo, ma allarmati sí! Dalle azioni di tutti noi potrebbe dipendere la vita di un nostro caro più debole. Fate attenzione!”
Questi ragazzi, per lo più calabresi che lavorano a Milano e in Lombardia, sono l’espressione più bella di chi ha responsabilmente deciso di rimanere (la stragrande maggioranza), certamente con grande sofferenza.
Quelli che sono ‘scappati’ di notte da Milano per prendere l’ultimo treno per il Sud sono certamente irresponsabili, vero, ma è terribile fucilarli al grido di “vermi”!
Una guerra civile! Figli della stessa mamma che si combattono, si odiano: pazzesco!
“Sì, sono andata via di notte, ma non lavoravo da due settimane, non avevo più dove dormire, ho chiesto una mano, un aiuto, un letto per dormire, ma tutti avevano problemi, tutti! Cosa potevo fare, cosa?”. Giovanna è una ragazza di Cosenza, aveva trovato lavoro qualche mese fa nei pressi di Milano, ma con il diffondersi del coronavirus, l’azienda è crollata. Licenziata in tronco. Appena arrivata ha denunciato il suo rientro e si è isolata nella casa di famiglia di un paesello del cosentino.
“Ero a Milano per una visita programmata da settimane. Non sto bene. Sono rimasta tre giorni e sabato sera sono ripartita. Non potevo permettermi di restare a Milano, assolutamente. Ho letto gli insulti sui social. Sono rimasta scioccata”, scrive Marianna di Lamezia.
Bella e commovente la testimonianza di una mamma di Cosenza, Silvana Gallucci: “Ho avuto forte la tentazione di dire a mio figlio, che vive a Milano, di rientrare con il primo aereo. Tre anni fa abbiamo attraversato il nostro tunnel personale e con fatica, dolore e coraggio ne siamo usciti temprati ma più forti. L’istinto di protezione nei suoi confronti è stato fortissimo e, penso, umanamente comprensibile. Come famiglia ci siamo stretti in un abbraccio virtuale e, di comune accordo, abbiamo deciso che nostro figlio sarebbe rimasto a Milano. Alla luce dell’insensato esodo verso il Sud, capisco che abbiamo fatto la scelta giusta. Difficile ma giusta. Qui vivremo momenti ancora più difficili e Ruggero, rimanendo lì, ha evidenziato non solo senso civico, ma, paradossalmente, tutela della propria salute”.
La drammatica testimonianza di una giovanissima infermiera calabrese a Milano, alla sua prima, vera e drammatica esperienza: “È tutto il pomeriggio che continuo a leggere molti post su Facebook da parte dei miei concittadini che insultano, aggrediscono (verbalmente) e dipingono in tutti i modi i ragazzi che stanno facendo ritorno nella terra d’origine. Su alcune cose mi trovo d’accordo con voi; nessuno e sottolineo nessuno doveva scendere al sud.
Io sono un’infermiera che lavora in prima linea, sto a contatto tutti i giorni con persone positive al Covid-19 e riesco a leggere la paura nei loro occhi e loro percepiscono la mia. Ebbene sì: HO PAURA, ho paura ogni volta che apro gli occhi e so che devo recarmi a lavoro, paura che potrei essere contagiata anche io se non tolgo camice, guanti e mascherina nel modo corretto, e di conseguenza contagiare tutte le persone a cui voglio bene! L’unica cosa che mi darebbe forza è vedere il viso dei miei genitori, anche attraverso un vetro o a 10 metri di distanza, mi basterebbe solo vederli, ma so che ciò non è possibile, almeno per il momento. Spero solo che chi è sceso nella propria terra si metta in quarantena, lontano da tutti. Ma non fate di tutta l’erba un fascio!”