Tagli sommari: la democrazia sbarca sulla rete.
Hai voglia a spiegare ai mercati internazionali che le forme morbide sono tratto peculiare dei paesi mediterranei e che la dieta ferrea prescritta da Frau Angela rischia di eliminare assieme al grasso cattivo la muscolatura pregiata, rendendo il tessuto italiano flaccido, solcato da smagliature difficilmente rimarginabili. Se per lo Stato è vitale dimagrire in questa sfavorevole congiuntura – e limpegno assunto non è rinviabile al classico, vago lunedì di cui non cè traccia nel calendario degli indolenti -, è altrettanto saggio, in ogni piano di risanamento calibrato e non subìto come una punizione, privarsi del superfluo con gradualità rispettando i tempi fisiologici, e lasciare inalterata la disponibilità di quelle sostanze nutritive senza le quali un paese non si rimette in piedi.
Questo lo spirito di una rigenerante spending review: termine esotico che assieme allo spread e al default è entrato di prepotenza nel lessico comune. Altra cosa quando lanalisi dei capitoli di spesa per individuare i rami secchi si conclude con la proposta di tagli lineari o è influenzata da cittadini arrabbiati che invocano drastici smantellamenti: a volte demagogici, spesso giusti se riguardano però gli altri.
Disertate le agorà, per demerito di tanta cattiva politica, i cittadini si sono riversati sulle piazze virtuali concesse dal web, elevate al rango di nuove palestre di democrazia.
Entusiasti del ruolo, tra una bloggata e una chattata (che la Crusca ci perdoni!), hanno impugnato le forbici e sorpassato sulla destra in fatto di rigore lattuale Esecutivo, lodevole per averci estratto dalle sabbie mobili ma protagonista di qualche spiacevole scivolone, ascrivibile allansia da prestazione trasmessa dalla crisi e al profilo tecnico dei suoi uomini, che non possono conoscere i territori quanto un politico che svolge con scrupolo il suo mandato.
Sulle pagine dei social network, ex militanti ed elettori, divenuti nel frattempo titolari di account (veri o fasulli, singoli o plurimi, manifesti o anonimi), si cimentano ad ogni ora a dispensare olio di ricino al malato, incuranti degli effetti e divisi sulla posologia: cè sempre qualcuno pronto a rincarare la dose e, nel dubbio, arrotondarla per eccesso.
Col pollice a testa in giù, disteso e contratto, e le dita dellaltra mano che pestano vigorose la tastiera, gli internauti dichiarano urgente labolizione delle province e la riduzione di regioni e comuni. Al diavolo la storia, le tradizioni, la finalità di un ente: staccare dai rispettivi scranni migliaia di presidenti, sindaci, consiglieri, assessori, collezionisti di incarichi di sottogoverno, e accompagnarli fuori dai Palazzi col calcio che il buon italiano medio sogna di sferrare loro da una vita, come risarcimento per le tante richieste personali inevase e le prove di cattiva amministrazione offerte, è gesto che già alla vigilia fa registrare copiosa salivazione, che evolve in una forma di scialorrea quando i destinatari dei provvedimenti abitano i quartieri alti della casta parlamentare.
Per colpire questultima, preda ambita da ogni antipolitico che si rispetti, occorre imbracciare armi di precisione e usare pallettoni per una rapida scrematura: 500 parlamentari superstiti? No, meglio 300, meglio ancora 100, e perché no uno a partito? Come pure: meno tribunali, scuole, uffici pubblici, prefetture, questure, uffici postali. Niente sconti neppure per piccoli ospedali e piccoli aeroporti. Avanti il grande: costa meno e rende di più.
Solo il parlamento deve essere piccolo piccolo, fatto per pochi, per quelli che sanno, che possono, che hanno.
La casta, invisa a tanti, sarà finalmente sostituita dalle élites che si autofinanziano. Non sono più sostenibili i costi dei partiti e le troppo frequenti spese elettorali per acquistare schede e matite copiative, questultime non riciclabili neppure nei concorsi pubblici per linsufficiente scorrevolezza lamentata dai candidati; né si possono liquidare le spettanze a scrutatori e presidenti, che dopo la prima chiamata hanno rinnovato la loro vocazione ad ogni tornata elettorale, senza saltarne una.
Fortuna cè la rete, lespressione più alta di democrazia e trasparenza in circolazione. È popolare, vicina alla gente, fa parlare e sparlare tutti, costa poco. Una fonte di verità che nessuno potrà mai censurare. Neppure coloro che guardano al materiale espettorato da Internet come a un blob informe che lievita e scorre inarrestabile, nel quale le preziose energie, gli spunti costruttivi, sono travolti dalla mota sollevata dal qualunquismo, dall analfabetismo nellapproccio al mezzo, dalla malizia o dalla semplice stupidità.
Gli italiani fanno spallucce e percorrendo scalzi il web 2.0, senza adottare precauzioni, continuano la crociata per uno Stato più magro che smaltisca lelefantiaca burocrazia dove si annidano, sono incrostati, manager, impiegati, consulenti, fino a ieri gratificati a suon di quattrini.
Il popolo, spazientito, non desidera istituzioni in forma, ma spinge per vederle da subito emaciate, pelle e ossa, incerte nellandatura, segno che tagli e risparmi sono stati avviati e che cè la volontà, giusta o sbagliata poco importa, di sopprimere e cancellare tutto ciò che ha lodore di pubblico, che incide sul bilancio dello Stato e alimenta odio verso il sistema.
La rete non sarà il luogo ideale per le decisioni politiche, stanti i milioni di utenti che la frequentano: tanti, troppi, tutti diversi. Se un accordo tuttavia si trova persino nelle litigiose riunioni di condominio, perché, previo costante esercizio, non sperare che ciò avvenga tra qualche anno anche su vasta scala lungo le autostrade elettroniche?
Nellattesa, a gestire il potere bastano pochi, e chissenefrega dei pesi e contrappesi costituzionali: lavvento di un altro Mussolini è scongiurato dal ruggente cane da guardia incarnato dal popolo della rete. Largo allora a notabili, emeriti professori, nobili dal cognome chilometrico, potenti, ricconi, purché non avanzino pretese economiche.
Hanno diritto ad un obolo simbolico per il servizio svolto e allappellativo di onorevole, che la Patria riconosce a uomini degni d’onore e anche a qualche donna.
Una povera patria la nostra -, schiacciata dagli abusi del poteredi gente infame che non sa cos’è il pudore,si credono potenti e gli va bene quello che fanno e tutto gli appartiene. Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni!
La severa cura ha ridato colore al quadro a tinte fosche ben descritto dai versi di Battiato, sconfessando quanti prefiguravano una deriva nichilista innescata da misure così estreme. Dopo un solo trimestre si consegnano allItalia indici miracolosamente positivi sul versante delle esportazioni e del Pil, a beneficio del contenimento di spread e debito pubblico.
Con meno Stato si vive meglio, e se qualche ostinato spera che il mondo torni a quote più normali – nel nostro caso attraverso (interpretiamo) il recupero dello spirito della Costituzione -, volgendo lo sguardo questo sognatore scorgerà luomo postmoderno con le sue protesi tecnologiche, intento a schivare quotidiane valanghe di notizie, sfiancanti e ingestibili. Non ha tempo per trarre da esse nozioni, insegnamenti, e le residue forze sono impiegate per cliccare nervosamente sui mi piace per commentare qualche post, esprimere in pochi caratteri e in tempo reale consenso o indignazione, illudendosi che la dispendiosa, vecchia liturgia politica ed elettorale possa andare in soffitta. Chi dirà a costui e ai suoi consimili che la fuga dalla politica citata di recente dal nostro Capo dello Stato – è una catastrofe per la nostra società? Il web che vuole accreditarsi come esclusiva arena di confronto, che vuole svuotare le assemblee e sostituirsi ai partiti, irrinunciabili cinghie di trasmissione tra le istanze dei cittadini e i luoghi delle decisioni, assume il sinistro aspetto di una democrazia digitale plebiscitaria, nella quale il gioco del sì o no applicato ad uninformazione non sempre approfondita ed elaborata criticamente, sollecita opinioni immediate, di pancia, in cui la componente emotiva è determinante e talvolta fa sbandare. Lhomo cogitans è scalzato dallhomo communicans. Il corpo dellindividuo si è integrato con la tecnologia, di cui si serve e alla quale è asservito. Egli sottovaluta lambivalenza di dette tecnologie: di libertà, ma anche di controllo. Comunica, comunica, ma delega alle macchine, il cui guasto viene vissuto come sofferenza, volumi crescenti di operazioni, sprofondando in quella pigrizia che scriveva Platone – è il segno di una schiavitù indegna dellessere umano.