Se il papa lasciasse il Vaticano!
Ho visto il papa abitare in un monastero, lontano dagli intrighi e dagli scandali vaticani! Un papa finalmente ‘libero’ da ogni condizionamento.
Un sogno? Forse sì. Ma se si realizzasse sarebbe una vera e propria rivoluzione per la Chiesa cattolica.
L’elezione di Papa Francesco al Soglio di Pietro, va verso la direzione giusta: un papa umile, che si presenta con semplicità, che indossa una croce di ferro invece di quella in oro, che appena eletto rifiuta la limousine per spostarsi dentro il piccolo Stato, che dalla Loggia della Basilica si è inchi
E’ di gesti e parole semplici che ha bisogno la chiesa. Una chiesa che vive difficoltà estreme. Tanto che il papa emerito, Benedetto XVI ebbe a dire: Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio,dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”.”Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti.”!
Era il venerdi santo del 2005, quando il card. Ratzinger recitava queste pesantissime parole, durante la Via Crucis al Colosseo. In quella occasione aveva sostituito Giovanni Paolo II, che ormai vecchio e malato, seguiva dalla sua stanza i riti della Passione di Cristo, aggrappato alla croce. Dopo qualche settimana sarebbe stato eletto Papa.
Benedetto XVI, davanti agli scandali che hanno fanno tremare la Santa Sede e diviso i cardinali, non ha mai usato mezze parole. Nessun papa è stato così esplicito e duro nel condannare quanto accade da anni nella Chiesa di Roma.
Il cardinale Raztinger appena eletto papa, si è trovato a fronteggiare uno scandalo gravissimo, quello della pedofilia nel clero, dimostrando forza e determinazione nell’arginare quello scandalo e a rimuovere ‘la sporcizia che c’è nella chiesa’.
Il Papa, davanti a scandali e lacerazioni, ha sempre usato toni pacati, ma le sue parole sono state sempre molto dure e chiare. Nessuno prima di lui era stato altrettanto netto e chiaro.
Ma l’impressione è che papa Benedetto, come altri suoi predecessori, vivesse come assediato in Vaticano, vittima dei ‘corvi’ e delle guerre intestine.
Benedetto ha poi clamorosamente rinunciato al papato, compiendo un gesto che ha in sè del rivoluzionario!
Anche con Giovanni Paolo II, nella curia romana accadevano cose assai spiacevoli. Ma la figura di Karol Woityla sovrastava i contrasti e superava le lacerazioni. La sua era una figura di livello mondiale.
Il coltissimo e raffinato Paolo VI, uno dei più grandi papi riformatori, ha pagato con l’isolamento e la contestazione sempre più evidente, il suo coraggio nello smantellare gli eccessi e i privilegi di una chiesa troppo vecchia e troppo ‘italiana’. Erano gli anni ’60 e ’70, un ventennio terribile per l’intera società occidentale.
Diffidava della Curia romana anche Giovanni XXIII che, pur eletto già anziano e destinato ad una debole e veloce transizione, convocò un Concilio che cambiò il volto della Chiesa e aprì le porte ai laici.
Quella che oggi viviamo, con un forte senso di angoscia e smarrimento, non è tanto la crisi del papato di Benedetto . E’ una crisi del papato in quanto tale. Per Aldo Maria Valli: La concentrazione di potere, senza eguali, nelle mani di uno solo, linfluenza inevitabile che il ruolo di Capo di stato ha su quello di capo spirituale e la mancanza di veri luoghi di dibattito allinterno della curia, stanno determinando una situazione che, specialmente nel confronto con la società della comunicazione, si è fatta insostenibile. Un modello che ha retto per secoli sta mostrando ora crepe sempre più evidenti.
Oggi il papa di Roma viene vissuto come un potente della terra, un uomo al centro di misteri e intrighi, un ‘monarca assoluto’. Questo almeno sulla carta, perchè nella realtà contano molto anche coloro, e sono pochissimi, hanno accesso diretto al papa. E spesso appaiono del tutto impreparati a svolgere i loro delicatissimi compiti.
Ma non sempre il papa è stato l’unico e il solo a decidere per l’intera chiesa cattolica, non sempre, ad esempio, ha nominato i vescovi. E’ negli ultimi 500 anni, in realtà, che il suo potere è andato sempre più a rafforzarsi. E la chiesa ha finito per dipendere in tutto e per tutto da Roma. In una struttura, ‘romano-dipendente’, tutto ha finito per concentrarsi sulla Santa Sede, nelle mani di un uomo solo, che ad un certo punto è divenuto anche ‘infallibile’ in materia di fede, la sua parola è legge, e tutti, dal clero ai fedeli, sono obbligati a rispettarla.
Ma proprio mentre viene decretata la sua infallibilità, il papa appare sempre più debole e solo, le sue parole sono sempre meno ascoltate dalla base, i fedeli non seguono più le indicazioni della Chiesa, le messe sono sempre meno affollate, le vocazioni sacerdotali crollano, i preti molto spesso vivono lontani dai fedeli.
E nel contempo, il papa ha finito per diventare ‘prigioniero’ di quella Babele che è il Vaticano, vittima dei contrasti e delle faide. Tutto il potere nelle mani del papa, a scapito di una pur minima esigenza di collegialità con i vescovi, ha finito per rendere il pontefice debolissimo, schiacciato da quel macigno gigantesco che sono le enormi responsabilità che in lui si concentrano. Roma, per il Papa, rischia di trasformarsi in una prigione dorata, in un lontanissimo Palazzo del potere.
Paolo VI aveva capito, e temuto, questa trasformazione della figura del ‘Vicario di Cristo’, arrivando anche a prevedere la figura del Segretario di Stato Vaticano, una sorte di ‘Primo Ministro’, quasi a voler liberare il Papa dal troppo potere concentrato nelle sole sue mani. Riforma, quest’ ultima, riuscita solo il parte.
Forse bisognerebbe cominciare a chiedersi se l’attuale modello di papato, nato dal Concilio di Trento di cinquecento anni fa, sia ancora in grado di funzionare in una società che in questi secoli è profondamente cambiata. Come la Chiesa, del resto.
Secondo Marco Politi «su tutti i grandi temi che richiederebbero una riforma (dalla carenza del clero al ruolo della donna nella Chiesa, dalla collegialità alle questioni della sessualità, della scienza e della bioetica) si è prodotta una stagnazione» e, nel frattempo, «si approfondisce allinterno della comunità cattolica la frattura fra due grandi tendenze: coloro che si arroccano nella riaffermazione dellidentità cattolica e coloro che si aspettano una Chiesa capace di misurarsi con le tematiche nuove, secondo lantico detto Ecclesia semper reformanda».
L’elezione a sorpresa del primo papa sudamericano potrebbe ‘liberare’ il papato, avvicinarlo ai deboli e agli emarginati, per farlo sentire sempre più vicino agli ultimi delle terra. Essendo Bergoglio un ‘riformatore’, potrebbe dare vita ad alcune forme di collegialità nella gestione della Chiesa. Senza con questo ridimensionare il ruolo e la figura del Papa, che anzi ne guadagnerebbe enormemente, perchè tornerebbe ad essere il ‘Vicario di Cristo’. Un papa, quindi, distante dal potere materiale, dalle preoccupazioni temporali, dal dovere essere inevitabilmente uno dei ‘potenti del mondo’.
Liberare il papa dalla Babele che lo sovrasta e lo condiziona, significa restituirlo all’autenticità della Chiesa delle origini. E le sue parole tornerebbero così ad essere ascoltate in tutto il mondo.
Un rivoluzione questa, che cambierebbe radicalmente il volto della Chiesa del Terzo millennio, come piacerebbe a Francesco d’Assisi, a Madre Teresa di Calcutta, a Gioacchino da Fiore, e a tutti i missionari sparsi per il mondo che predicano l’amore e la pace, vestiti del nulla che li circonda.
Lasciando il Vaticano ai suoi splendori e la Curia romana alle sue preoccupazioni temporali.
E se il papa decidesse di non abitare più in Vaticano? Un sogno, forse difficile da realizzare, ma che avrebbe la forza di un fatto rivoluzionario, che riporterebbe la Chiesa alle origini.
Il papa in un monastero, non dico in una grotta come fece Francesco d’Assisi. Un papa umile e povero che con semplicità gira il mondo, da una chiesa all’altra, magari anche in una malfamata periferia di una metropoli, o anche alle favelas, come fece il card. Bergoglio durante la spaventosa crisi economica della sua Argentina.
Toccare con mano la povertà e il degrado del mondo, non può che far bene ad un papa che ha scelto di chiamarsi Francesco!