Quirinale, quando a decidere sono i franchi tiratori!
Quasi sempre i candidati dei partiti di maggioranza sono stati sconfitti dai ‘ribelli’ e dalle correnti interne. La scelta del Presidente della Repubblica si è quasi sempre rivelata complessa e travagliata. -Il liberale Enrico De Nicola fu il Presidente provvisorio della Repubblica, eletto dall’assemblea costituente il 28 giugno 1946 al primo scrutinio. Ottenne 396 voti su 501, da parte di Dc, Pci, Psiup, Pri e Pli. I candidati avrebbero dovuto essere Vittorio Emanuele Orlando (voluto da Dc e dalle destre) e Benedetto Croce (sostenuto dalla sinistre). Poi però la spuntò De Nicola, che si dimise il 25 giugno 1947. -Il primo ‘vero’ Presidente fu Luigi Einaudi, economista liberale, eletto al Quirinale l’11 maggio 1948, dopo 4 scrutini. Ma il candidato del leader DC, Alcide De Gasperi, era in realtà il repubblicano Carlo Sforza, immediatamente affossato dai franchi tiratori. De Gasperi fu costretto quindi a scegliere Einaudi, sostenuto da Dc, Pli, Psli e Pri, che sconfisse Vittorio Emanuele Orlando (sostenuto da Pci e Psi). -Il 29 aprile 1954, dopo 4 scrutini e con il 78% dei voti, venne eletto il cattolico di sinistra Giovanni Gronchi, sostenuto da Dc, Psi, Pci, Pdium e Msi. Ma anche questa volta il candidato vero era un altro: Cesare Merzagora, presidente del Senato. L’azione dei franchi tiratori lo bloccò sul nascere. -Molto complicata l’elezione del dc centrista Antonio Segni , avvenuta il 6 maggio 1962, dopo 5 giorni e 9 scrutini. Fu eletto con appena il 51% dei componenti delle Camere. A sostenerlo Dc, Pli, Pri, Pdium, Msi. Segni con molta fatica riuscì a battere, per una manciata di voti, il socialdemocratico Giuseppe Saragat. Rassegnò le dimissioni il 6 dicembre del 1964 per gravi motivi di salute. -Travagliata fu l’elezione di Giuseppe Saragat, leader del PSDI! Furono necessari ben 21 scrutini. I franchi tiratori affossarono la candidatura del senatore a vita Giovanni Leone, un grande giurista. Saragat ottenne 646 voti pari al 67% degli aventi diritto, sostenuto da Dc, Psdi, Pri, Psi e Pci. Venne eletto il 28 dicembre 1964. -Giovanni Leone venne poi eletto la vigilia di Natale del 1971, dopo il record di 23 scrutini e ben 15 giorni di votazioni! Il candidato ufficiale era Amintore Fanfani, fortissimo e temutissimo leader democristiano, costretto alla ritirata dopo gli agguati dei franchi tiratori. Leone raccolse appena 518 voti (pari al 51%) che vennero dai parlamentari Dc, Pri, Pli, Pnm e Msi. Coinvolto nello scandalo Lockheed, rassegnò le dimissioni il 15 giugno 1978. Successivamente vennero prosciolto da ogni accusa! -Sandro Pertini, socialista e storico leader della Resistenza, ha dovuto penare molto per essere eletto l’8 luglio 1978 dopo 16 scrutini, con ben 832 voti pari all’82%. Non era lui il candidato che volevano il PSI. Ma decisiva fu la scelta finale della DC che, in un momento di grandissima tensione sociale e grave crisi economica, indicò l’anziano e popolarissimo esponente della Resistenza. Non decollò mai la candidatura di Aldo Moro, voluto da parte della DC, ma osteggiato da molti altri. Pertini, sebbene molto anziano, avrebbe gradito la riconferma al Quirinale, ma i partiti non furono d’accordo. -Un vero e proprio record fu quello che caratterizzò l’elezione di Francesco Cossiga, democristiano di sinistra, eletto il 24 giugno 1985 al primo scrutinio. Ottenne 752 voti pari al 76%. A sostenerlo Dc, Psi, Pli, Psdi, Pri, Pci. Il più giovane presidente della Repubblica da sempre. Il suo settennato si concluse con gli ultimi due anni in cui ‘picconò’ con determinazione la ‘Prima Repubblica’ e il suo partito di origine. -Oscar Luigi Scalfaro venne eletto il 25 maggio 1992. Non fu facile. La Dc era spaccata: le candidature di due ‘cavalli di razza’ come Arnaldo Forlani e Giulio Andreotti, non raggiunsero la maggioranza dei voti. La strage di Capaci in cui venne assassinato Giovanni Falcone, la moglie e la scorta, sconvolse il Paese e le politica. Così gran parte del Parlamento scelse un uomo considerato molto onesto e trasparente, già magistrato, una vita nelle istituzioni, cattolicissimo. Fu eletto dopo 16 scrutini con 672 voti (67%). Contrari Lega, Rifondazione comunista e Msi. Scalfaro avversò in tutti i modi l’imprenditore Silvio Berlusconi, arrivato clamorosamente in politica nel 1994, con una schiacciante vittoria elettorale. I grandi partiti italiani erano quasi tutti crollati sotto i colpi dell’inchiesta ‘Mani pulite’. -L’economista Carlo Azeglio Ciampi venne eletto il 13 maggio 1999 al primo scrutinio con 707 voti, il 71,4%. Ciampi venne votato da tutti i partiti, tranne Lega Nord e Rifondazione comunista. Già Governatore della Banca d’Italia e Presidente del Consiglio ‘tecnico’, era stimatissimo e apprezzato in tutta Europa, fuori dai giochi politici in Italia. La sua elezione, dopo solo 4 ore, è stata la più breve della storia. Viene considerato con Pertini e Napolitano, uno dei migliori presidenti della Repubblica. -Il 10 maggio 2006 un ex comunista come Giorgio Napolitano viene eletto al Quirinale! Esponente dell’area ‘migliorista’ del Pci, è stato eletto al quarto scrutinio con 543 voti (55%). A favore tutti i partiti di centrosinistra (Ds e Ppi e altri). Il candidato ‘naturale’ sembrava essere Massimo D’Alema. Ma non se ne fece nulla, vista l’opposizione di ampie fasce dei partiti della maggioranza. Ha guidato con un piglio ‘interventista’ e una inedita determinazione, la vita politica e istituzionale del Paese, in un momento difficilissimo per le Istituzioni democratiche. -Record storica la riconferma dello stesso Napolitano per il secondo mandato al Quirinale, avvenuta il 20 aprile 2013 al sesto scrutinio, con 738 voti (74,1%). Ottenne i voti di Pd, Pdl, Scelta civica, Lega nord. Il parlamento era nel panico: Stefano Rodotà, candidato di M5S e Sel, aveva ottenuto 217 voti. Affossati dai franchi tiratori l’ex premier Romano Prodi e poi l’ex presidente del Senato Franco Marini. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani costretto alle dimissioni proprio dalla lacerazione interna al Pd in seguito alle votazioni per eleggere il Presidente della Repubblica. Vista la situazione di vera e propria paralisi, da tantissime parti venne invocata la riconferma di Napolitano. Che accettò per un breve periodo, tenendo un clamoroso discorso alle camere, un vero e proprio atto di accusa ai partiti e alla loro incapacità di eleggere un nuovo Capo dello Stato. Ormai stanco e provato, Napolitano si è dimesso il 14 gennaio 2015, ricevendo il pieno riconoscimento da molti leaders politici del mondo, per avere guidato il Paese in un momento di gravissima crisi e di fortissime tensioni politiche.