Ministro calabrese? Non è questo il problema.
Bene, benissimo, la scelta di un ministro calabrese nel governo Renzi. Bene anche se arriverà un viceministro, qualche sottosegretario….
Ma il problema non è questo. Basti ricordare che per un periodo della scorsa legislatura, ci fu un governo Berlusconi con 5-6 calabresi dentro. E fu il governo più antimeridionale che si ricordi.
Il problema dei problemi è, semmai, come affrontare la drammatica ‘questione calabrese’, che esiste da decenni, ma che negli ultimi 5 anni è diventata quasi un dramma.
In questi giorni la Calabria è sommersa dai rifiuti. Il sistema ospedaliero è al collasso. Il presidente della Regione ha sul capo una richiesta di 5 anni di carcere con annessa interdizione dai pubblici uffici. Il governo regionale segna, nel suo complesso, un pauroso fallimento. E’ in atto una fuga dalla Calabria di migliaia di giovani all’anno. La regione vive una crisi economica e sociale che non ha precedenti.
Nel corso del 2013 si sono registrati in Calabria fatti di sangue spaventosi, che hanno scioccato l’opinione pubblica nazionale. Ma giusto 24/36 ore e tutto finisce lì. Le condizioni della Calabria si aggravano sempre di più, ma per il Paese, per le sue istituzioni più alte, tutto questo non sembra avere molta importanza.
E non si tratta solo di chiedere più risorse finanziarie: la Calabria ha molti fondi a disposizione, soprattutto comunitari, ma non riesce a spenderli, a renderli produttivi, a migliore la qualità della vita dei suoi cittadini. Se li spende, lo fa malamente; il più delle volte, i fondi europei rimangono in cassa. O tornano indietro!
La questione calabrese è una questione dannatamente culturale, forse anche di civiltà. I calabresi migliori, quelli che rimangono su questa terra, quelli che resistono alla pressione malavitosa e alle minacce della criminalità, si sentono inutili! Hanno la sensazione che il loro gesto di coraggio ai limiti dell’eroismo, sia del tutto insignificante. Avvertono la lontananza dello Stato (centinaia di piccoli comuni calabresi rimangono senza scuole, senza servizi sociali, senza ospedali), sentono fortemente l’assenza di una lungimirante classe politica, mentre latita la società civile e dorme sonni infiniti il mondo della cultura.
Il problema della Calabria non sono i soldi che mancano o gli investimenti che latitano, il vero problema è la sconfitta della democrazia. Perchè non c’è democrazia quando il voto è spinto dal bisogno e dal ricatto, quando la classe dirigente è corrotta e collusa, quando chiudono le scuole, i cinema, perfino le chiese! Quando decine e decine di piccoli comuni sono diventati case di riposo! Quando le famiglie si ritrovano in casa due-tre figli disperati e senza futuro.
Ed è per tutto questo, che serve poco avere un calabrese al governo, se poi non c’è la Calabria! Un’idea di Calabria. Un’agenda con le proposte per la Calabria.
Ora che soffia forte e impetuoso il vento del cambiamento nei Palazzi romani, c’è da augurarsi che qualcuno si ricordi che la prima emergenza del nostro Paese si chiama Sud. Si chiama Calabria. E che se a questa emergenza non si risponde con interventi culturali, formativi, economico-produttivi, la Calabria è persa! Servono a poco interventi di emergenza, contributi a pioggia, redditi più o meno minimi.
C’è bisogno di dare alla Calabria la risposta forte, fortissima, della cultura, della scuola, del lavoro vero, dell’innovazione, della democrazia.