Le province sono davvero inutili? Meglio ridimensionare le Regioni!
Torniamo al tema delle province. Nella stagione dell’antipolitica galoppante e del populismo dominante, è bastato che qualcuno gridasse ‘a morte le province, cancelliamole dalla costituzione’, per scatenare una reazione popolare entusiastica, che però aveva soprattutto un fondamento punitivo, non altro.
Ragionare con serietà e lucidità in questo momento di devastante demagogia può procurare antipatia (le campagne dei giornali filogovernativi, Libero, il Giornale, il Tempo contro la politica e il parlamento ha prodotto danni micidiali, seguita da quelle scandalizzate di alcuni grandi testate nazionali), ma comunque credo sia necessario, anche per evitare il crollo del sistema istituzionale, con gravi danni per la stessa democrazia che finirà per cedere spazi al qualunquismo .
Cancellare le province, così, di botto, senza un progetto e una ridistribuzione di funzioni, è al quanto illogico, ma anche dannoso per cittadini e comuni (‘le province costano’, come se vi fossero Enti o Istituzioni che lavorano gratis o per la gloria!). Così pure tagliare o accorpare i piccoli comuni, cosa priva di qualsiasi senso. Occorre certamente tagliare sprechi, privilegi ed eccessi. Ma i costi della democrazia sono necessari per salvarla dalla demagogia e dal populismo. Gli sprechi si annidano i centinaia di enti inutili, in alcuni costosissimi apparati, nel decennale assalto selvaggio alle casse dello Stato da parte di potentissime lobby, gruppi di potere, gruppi editoriali. Per non parlare di investimenti sbagliati, cattedrali nel deserto, corruzioni, tangentopoli, gigantesca evasione fiscale. Di tutto questo si evita di parlare, tantomeno di intervenire. Meglio distrarre i cittadini facendo credere che eliminando le province e accorpando i piccoli comuni si risolvono i problemi. Un evidente inganno.
Le Province, dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, sono destinatarie di nuove e più forti competenze, funzioni, deleghe. Quasi tutte sottratte alle Regioni. Secondo una logica che è del tutto condivisibile: le Regioni sono lontane, lente, pachidermiche; avviciniamo quindi le istituzioni ai cittadini trasferendo maggiori competenze alle province, ente intermedio tra regioni e comuni. E così sono state trasferite alle province le competenze su tutta l’edilizia scolastica, sulle ex strade statali dell’Anas (centinaia di Km di strade), sui controlli e la vigilanza ambientale, sui rifiuti, la programmazione territoriale, i trasporti, l’urbanistica, e decine di altre materie.
Negli ultime dieci anni le province sono così diventate Ente intermedio di primaria importanza. Lasciamo da parte il discorso se funzionano o meno, se spendono le risorse finanziarie o no, se spesso esorbitano dalle loro funzioni o al contrario non le esercitano a pieno. Non è questo il luogo adatto per discuterne. Quello che conta è che la Costituzione nella sua rinnovata formulazione ha dato un ruolo importante all’Ente intermedio, mentre il legislatore ordinario vi ha trasferito nuove funzioni.
Sopprimerle di colpo, come voleva una mozione alla Camera, significava una cosa sola: provocare una gigantesca confusione nel tentativo di riportare tutti i compiti e le funzioni alle Regioni, in un via vai di competenze che negli ultimi dieci sono andate alle province e nei prossimi dieci tornerebbero alle Regioni. Una logica schizofrenica da far impazzire chiunque. In un prevedibile e preoccupante caos.
Ora immaginate cosa potrebbe significare tutto ciò in Calabria, nella Regione Calabria, già di suo lenta e confusionaria, incapace di programmare e spendere le risorse comunitarie, di gestire sanità, turismo, rifiuti, politiche di sviluppo: competenze dove il fallimento è riconosciuto dagli amministratori stessi che si sono succeduti. Immaginate il comune di Oriolo o di Verbicaro o Laino Borgo (per rimanere nel nord cosentino), l’Alto Tirreno, le Aree interne, L’Alto Jonio costretti a rivolgersi alla Regione per riparare strade, sistemare scuole, programmare interventi e investimenti, progettare Istituti scolastici, strade, strutture sportive, programmare interventi nell’ambiente, per le imprese, per l’economia e lo sviluppo locali. O immaginate un cittadino o un’impresa costretti a confrontarsi con la Regione per ogni problema! Quanti costi, ritardi, spese aggiuntive, perdite di tempo, impossibilità ad avere un interlocutore certo, e poi quei trasferimenti micidiali in una terra in cui per percorrere 100 km non bastano due ore. Se va bene.
Non vogliamo dire che le province, tutte le province, brillino per efficienza e rapidità di intervento, ma io che conosco bene la Provincia di Cosenza (per essere stato in giunta per un periodo relativamente breve), so che comunque la Provincia è più immediata, è possibile avere un riferimento o un riscontro in un tempo ragionevole, vi operano bravi dirigenti e funzionari che sono per lo più disponibili con i cittadini, le imprese e i comuni, vi sono consiglieri provinciali che fanno da tramite tra l’Ente e i loro territori di riferimento.
Dovessi decidere io, toglierei risorse, funzioni e competenze non alle Province, ma proprio alle Regioni, che rappresentano da moltissimi anni il punto debole, debolissimo del sistema istituzionale nazionale, e meridionale in particolare. Sono elefantiache, costosissime, incapaci di muoversi e agire con celerità ed efficacia. Soprattutto la classe burocratica: così indifferente e fredda.
Guardate un po’ cosa succede ogni anno (da almeno vent’anni) a proposito di qualità del mare, funzionamento dei depuratori, politica turistica, sistema dei rifiuti. A giugno si grida ‘al mare al mare’, giusto il tempo di rovinare le vacanze ai turisti e poi la stagione agli imprenditori del settore. Ma a settembre tutto è come prima, peggio di prima. Lo stesso discorso vale per la difesa delle coste, la gestione dei rifiuti, l’inquinamento dei corsi d’acqua, la difesa della montagna, la politica agricola, trasporti, infrastrutture, formazione professionale e lavoro. Chiacchiere, tempo perso, risorse comunitarie rispedite al mittente. Questa è la Regione Calabria. Questo sono molte altre Regioni italiane. Soprattutto per quell’impianto burocratico-amministrativo che blocca tutto, fa danni a province e comuni, mortifica imprese e cittadini e sopravvive a sé stesso nei decenni.
Le Regioni dovrebbero esclusivamente legiferare e programmare per le materie di competenza, coordinando le province e i comuni nel loro esercizio amministrativo e gestionale e nel governo dei territori. Le Regioni dovrebbero essere alleggerite, rendendole snelle e rapide nella loro attività. Alle province e anche, se non soprattutto, ai comuni devono andare i compiti di gestione, le funzioni, le risorse e il personale. Rafforzare i comuni è diventata un tema di straordinaria urgenza democratica! I comuni stanno morendo, soffocati dai tagli senza fine, senza personale, senza mezzi a disposizione. Negli ultimi dieci anni hanno subito tagli devastanti.
Nell’epoca dell’antipolitica, del populismo e del preoccupante avanzare di un neo-giustizialismo pilotato e giustificato da una nuova ‘casta’ che intende sostituirsi all’attuale ‘casta’, la necessità di ragionare con maggiore giudizio e serenità si fa sempre più necessario.