La Calabria è il mio futuro. Ed io sono il futuro della Calabria.
Marco Iusi è uscito da poco dalla fascia dei ventenni. Appartiene alla fascia ‘protetta’ dei “sempre troppo giovani per…”.
È un ragazzo calabrese, anche orgoglioso del suo accento. È un bravo Ingegnere
Impariamo a capire quando è il momento di “disconnettersi” per creare delle connessioni (vere). Le emozioni e le speranze al tempo della grande connessione universale!
Sebbene io trascorra le mie giornate nella tecnologia e, in un certo senso, per la tecnologia non ne sono assuefatto. Sono molto presente sui social, li apprezzo ma ho imparato a dominarli e credo che questo sforzo debba essere fatto da tutti noi. Il mondo virtuale è un’opportunità troppo grande per sprecarla come una grande trappola che ci fa credere onnipotenti nel nostro micro mondo. Un “mi piace” ricevuto su Facebook ci fa sentire amati ed ammirati. Poi spegniamo il PC, rimaniamo soli e cominciamo a pensare a cosa ci stiamo perdendo. È successo a tutti di rimanere con lo smartphone in mano a fissare il soffitto,desiderosi di trasformare in quello stesso istante un sms in un abbraccio. Anche questa è una scelta, tutta nostra.
Ma dobbiamo stare attenti a non perdere l’allenamento e la confidenza con la vita reale altrimenti vivremo solo di emoticon e non sapremo più goderci le emozioni. Rimango dell’idea che una partita a calcetto o una pizza con gli amici sia comunque sempre meglio di una chat su whatsapp.
“Non mi rassegno all’idea che l’entusiasmo delle persone “di buona volontà” continui ad essere sprecato”. Questo è il tempo delle piccole menti e della mediocrità imperante!
Si, questa cosa mi manda in bestia. C’è uno stato d’animo, tra tutti, che non sa perdere: è l’entusiasmo! Quando si viaggia sulle ali dell’entusiasmo l’equilibrio è precario ed è tanto facile precipitare quanto lo è spiccare il volo.
Purtroppo mi capita spesso di osservare che gli sgambetti decisivi arrivano da chi avrebbe il compito di alimentare questo irrefrenabile desiderio di riuscire in qualcosa, tipico di chi è giovane ma anche di chi cerca rivincite o semplicemente sa ancora sognare.
Questi “professionisti dello sgambetto” hanno una responsabilità enorme, Dante gli riserverebbe un girone infernale se riscrivesse oggi la Divina Commedia. E lo riempirebbe di Politici che mettono all’angolo le menti pensanti, temendone la concorrenza anziché sfruttarne le potenzialità, e sono capaci solo di cooptare “signor si”, inquinando sin dai movimenti giovanili le menti delle future classi dirigenti. Vi troverebbero un posto i manager d’azienda che assumono “su suggerimento” oppure incapaci di premiare il merito o semplicemente disattenti a tutta la preziosa fase di valutazione e crescita del personale. Ancora un posto per i docenti che dimenticano quanto possa essere importante e traumatica una delusione ad un esame o per i genitori che non insegnano ai propri figli come trarre il meglio da un fallimento invece di rimanerne vittime. E così via.
Ci attendono grandi sfide: formarsi, studiare, sperimentare. Ma il mondo sembra tornare nel più profondo medioevo.
Il mondo corre, dobbiamo necessariamente adeguarci al passo che ci viene imposto. Può suonare come una condanna, un’ossessione, ma dipende da come la si vive. È un’impostazione culturale che comincia dalla presa di coscienza che il “titolo di studi” non è più condizione necessaria e sufficiente per essere protagonista nel mondo produttivo. Formarsi continuamente ha un costo, sperimentare è un investimento tanto più rischioso quanto più alto è il livello dell’innovazione: sia le persone che le aziende non sempre possono permetterselo, soprattutto in assenza di Politiche lungimiranti in tal senso. Eppure lo sifa, tocco con mano questa voglia di mettersi in gioconell’azienda in cui lavoro e nelle reti di giovani innovatori che frequento: c’è un tessuto più florido e prolifico di quanto si pensi e si conosca. Ma mentre tutto continua a cambiaread una velocità così grande che ci lascia spaesati erimaniamo ammirati da tutto questo “progresso”, il contrasto con l’attualità ci sconvolge.
La Calabria del mare, del sole, della natura incontaminata. La Calabria della mafia che spara, della grande debolezza sociale. Le Calabrie e il futuro dei giovani
Ho trascorso gli ultimi 7 anni della mia vita in giro per l’Italia, ed ho avuto anche la fortuna di risiedere per due anni all’estero, in UK. Quando parlo di ” fortuna” non è certo perché ho amato stare tutti questi anni lontano da casa,ognuno di quei periodi lo ho vissuto con attivo un conto alla rovescia verso il ritorno, mai per un attimo ho pensato di non tornare, personalmente lo avrei vissuto come un fallimento.
La fortuna a cui mi riferivo, e di cui ringrazio il cielo, è quella di avermi dato in quegli anni due grandi opportunità. La prima opportunità è stata quella conoscere e confrontarmi con altre culture: mi è servito ad aprire la mente, ad avere più rispetto per gli altri, a ridimensionare il mio ego, a toccare con mano che siamo solo dei puntini nell’universo, non ne siamo il centro.
La seconda opportunità è stata quella di apprezzare più che mai la mia terra e prendere consapevolezza nei nostri mezzi. Io, che della Calabria sono sempre stato un tifoso, uno di quelli che la ama incondizionatamente fino a negare pure l’evidenza se si tratta di prenderne le difese, ho capito che la Calabria non è la terra più difficile del mondo, non l’unica affetta da mali. Ha tanti problemi, ma è meglio di quel che si vuol far passare. È un posto stupendo dal punto di vista naturalistico, un gioiello d’inestimabile valore lasciato lì al suo destino come un diamante grezzo che nessuno ha ancora scovato, che si confonde con le pietre e come una pietra qualsiasi viene presa a calci dai tanti stolti che dovrebbero al contrario dovrebbero riconoscerlo, proteggerlo, levigarlo e fondare su questo regalo del Creatore la ricchezza e prosperità per se stessi e per le generazioni a venire.
I mali della Calabria abbiamo imparato a conoscerli sin da bambini, con alcuni conviviamo accettandoli nella quotidianità e camuffandoli di normalità. Il nostro errore, oserei dire la nostra complicità, sta proprio in questo. La rivoluzione culturale deve cominciare dal non accettare i piccoli soprusi di ogni giorno. La ribellione nelle piccole cose scardinerà pian piano i grandi sistemi.
Bisogna lavorare sulla formazione dei giovanissimi ma soprattutto sul benessere, altrimenti gli atteggiamenti ed i metodi mafiosi continueranno a sguazzare nella disperazione di giovani e padri di famiglia che non hanno di che vivere.
Io sono un fortunato, ma molti altri miei coetanei rimasti qui non lavorano e non hanno mai lavorato, vedo persone di 50anni messe in mobilità e lasciate senza speranze, stento a trovare famiglie che non hanno difficoltà ad arrivare a fine mese, conosco sempre più persone che sono incappati in problemi con la sanità e altre che rinunciano a curarsi perché è troppo costoso per le loro tasche.
Ecco perché non mi stanco di fare progetti, anche irrealizzabili: la speranza di poter cambiare le cose non deve abbandonarmi, non deve abbandonarci!
Lo si è capito, sono un cultore dell’attivismo, sono un nemico dell’apatia e dell’indifferenza. Metto, senza mezzi termini, chi non fa nulla sullo stesso piano di chi fa volontariamente del male.
Il domani della Calabria dipende da ciascuno di noi, dunque anche da me.
La Calabria è il mio futuro, lo ho scelto e ne sono fiero. Ed io sono il futuro della Calabria.
Dobbiamo essere ambiziosi, coraggiosi, presuntuosi, invadenti, instancabili. Dobbiamo prendere in carico i problemi nostri e quelli degli altri e dobbiamo credere che nessuno più di noi sia la persona giusta per risolverli!
Marco è un fiume in piena, una forza che non non si ferma mai: “Dobbiamo motivarci a vicenda, non dobbiamo darci tregua!”
Fare rete, valorizzare le relazioni tra persone, combattere.
Marco ha solo certezze: “Non ci spero, ci credo, è diverso. Vinceremo anche la mafia, la corruzione e la mala politica”!