La bella storia di una guardia medica che lotta ogni giorno a mani nude
Lui è poco più che un ragazzo, ma ha già studiato tanto, si è laureato presso l’UMG di Catanzaro, specializzato, ha fatto le sue esperienze professionali piuttosto qualificanti presso l’ospedale clinicizzato di Chieti.
Pur tuttavia rimane sempre un ragazzo, un giovane medico deciso e determinato, anzi: è una guardia medica, un brutto termine per indicare chi vive sul campo la medicina del territorio, forse la più bistrattata, spesso mortificata, con i medici lasciati per lo più da soli in posti improponibili, alla mercé di disagiati e perfino squilibrati. Le guardie mediche operano in trincea, e soprattutto la notte diventano vittime di minacce e anche aggressioni! E in tempo di contagi assai diffusi, è divenuta una professione ad alto rischio.
Dario Antonio Silletta fa la guardia medica in uno dei tanti comuni della nostra terra. Proprio di recente è stato allertato dalla figlia di una signora anziana che non stava affatto bene. Non impiega molto ad arrivare a casa, e già questo è un segno positivo. Qui capisce subito che il caso si presenta con una certa gravità. Così con determinazione e coraggio fa una cosa che non tutti i medici fanno: non manda al pronto soccorso l’anziana signora, non scarica ad altri la responsabilità di una decisione. Poteva farlo benissimo, invece decide di affrontare direttamente e immediatamente il caso: subito una flebo, poi delle punture; mentre lui rimane sul posto
e controlla passo dopo passo l’evoluzione del caso. Intanto dispone delle analisi specifiche e prima di andare via chiede di essere informato in qualsiasi momento.
Il giorno dopo sarebbe passato di nuovo a fare visita alla signora che lentamente sembra riprendersi, e sta meglio.
La figlia della donna lo richiama dopo un paio di giorni e lui ritorna a vedere le condizioni dell’anziana, che continua a stare meglio. Alla fine la crisi è superata.
Ho raccontato questo fatto, un piccolo fatto, forse marginale, eppure significativo. Che ho toccato con mano direttamente.
Quello che dovrebbe essere ordinaria amministrazione, oggi è diventato quasi un evento. Tanto per capire in quali condizioni ci troviamo. Con la sanità nel caos, ma in condizioni gravi già prima del Covid; con il Sistema Sanitario Nazionale non più in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza, perché mancano medici, manca il personale, mancano le attrezzature e gli ospedali sono carenti di tutto.
La figura del medico di base, il medico di famiglia, è stata trasformata col tempo quella di un burocrate chiamato a scrivere ricette. Poi non riesce a fare altro. Ma addirittura ci sono molte zone dove il medico di base manca perché chi è andato in pensione non è stato sostituito, mentre rimangono scoperte pure le guardie mediche.
Un disastro totale aggravato a dismisura dalla pandemia che ha fatto precipitare nel caos i pronto soccorso e costretto a trasformare i tradizionali reparti, in reparti Covid!
In questo disastro assume un certo significato la piccola storia del giovane medico, la guardia medica di cui vi ho raccontato sopra, che ci ha dato una bella lezione di come, pure nell’emergenza, si possa fare il proprio dovere con impegno, disciplina, serietà. Senza scaricare su altri le responsabilità, assumendo su di sé il rischio di decidere, senza rete! Immaginate se questo lo facessimo tutti in tutte le professioni e in ogni attività. Probabilmente avremo un’Italia un po’ migliore, partendo dal piccolo e dal basso.
“Quando cambi il modo di guardare le cose, le cose che guardi cambiano” scrive sul suo profilo Facebook il dott. Dario Antonio Silletta. Che poi è la traduzione di una celebre frase del filosofo cinese Lao Tsé, molto conosciuta in inglese: “When you change the way you look at things, the things you look at change.”
Ecco cambiando la prospettiva, cioè il modo di guardare le cose, tutto può cambiare, tutto diventa diverso, positivo.
Probabilmente è con questi occhi che il giovane medico e tantissimi come lui, si trova ad affrontare ogni giorno, ogni notte, le tante necessità e le urgenze che la professione gli pone davanti. Così, con pochi mezzi, anche a mani nude, forte delle sue conoscenze e della sua determinazione, riesce ad affrontare e risolvere casi all’apparenza complicatissimi, a volte anche impossibili.