Io, Mina e la DC
Egocentrico disimpegnato, convincente affabulatore di se stesso, esprime in soli cinque minuti di gradevole colloquio una contraddittorietà caratteriale che è sintomo di apertura al nuovo e di continuo movimento. Amante della montagna, luogo dove peraltro è nato, cioè San Giovanni in Fiore, dopo aver simpaticamente confinato i suoi due figli Andrea e Karen in vacanza dai nonni, si concede una pausa caffè con passeggiata solitaria sul lungomare di Amantea, in attesa di rispolverare massime kafkiane, che fanno di lui un personaggio a tratti caratterialmente scorrevole, e per altri versi anche stravagantemente inquietante.
Franco Laratta, quarantadue anni, sposatissimo con sua moglie che ha corteggiato sin dai quindici anni, purtroppo o per fortuna dice appassionato ed accanito conoscitore della vita della Tigre di Cremona in arte Mina, si autodefinisce “un solitario nel privato, appassionato della vita nel pubblico”.
Laratta, ma in che posto deve fare le vacanze un uomo come lei?
In qualsiasi posto va bene, purchè riesca ad isolarmi dal resto del mondo. Vede, è vero che per la vita che faccio sto parecchio in mezzo alla gente, ma proprio per questo quando me ne andrò in vacanza, e questo accadrà tra una decina di giorni, mi piacerebbe dedicarmi alle mie letture, alla mia famiglia, agli studi su Gioacchino da Fiore che per me rappresenta il più grande religioso e filosofo che la storia abbia mai conosciuto. Peccato che siano in pochi a conoscerlo.
Non è detto. San Giovanni in Fiore è un importante centro per gli studi gioachimiti.
Verissimo, ma secondo il mio parere non se ne parla ancora abbastanza. Un uomo che con la sola forza del suo saio costringe due reali ad inginocchiarglisi davanti, non mi sembra roba da poco.
Come nasce culturalmente e politicamente Franco Laratta?
Culturalmente sono stato educato alla scuola di pensiero filosofico che vede in prima linea tutti i filosofi e teologi del 1300. Penso a Dante Alighieri, alla scuola di pensiero francescana e domenicana, poi naturalmente l’Abate Gioacchino, e così andando avanti. Un’impronta di sicura matrice cattolica-cristiana, sviluppatasi sul versante dell’impegno politico con una militanza sin dai diciotto anni nelle file della Democrazia Cristiana. All’epoca il cervello politico era diviso in due soli emisferi. Quello della Dc e quello del Pci. Credo che ci fosse meno confusione rispetto ad oggi. A duellare tra loro c’erano solo due partiti, non come adesso che la confusione regna sovrana.
E lei con quale emisfero politico pensa?
Con il sinistro, naturalmente. Sto con la Margherita.
Lo sa che secondo gli studiosi di neuroscienza, l’emisfero sinistro governa la parte opposta del nostro corpo, che è dedita all’attività cerebrale più raffinata?
Grazie per il raffinato, mi basta semplicemente saper ragionare con equilibrio.
Ci parli delle sue giornate di vacanze. Come occupa il suo tempo?
Se vado al mare, mi alzo presto, intorno alle sei. Faccio colazione e me ne vado per mare con una piccola canoa. Faccio delle intense vogate per almeno due ore, poi intorno alle otto dritto a casa, dove comincio la vera giornata familiare dedicandomi agli affetti più cari. Nel pomeriggio mi faccio vedere poco, sempre per il discorso di evitare la confusione, ed al calar del sole quando l’ombra della gente si riflette fuori soltanto dalle finestre, mi concedo un’altra solitaria passeggiata.
Quali sono i suoi interessi in termini di lettura, cinema, televisione?
Per quanto riguarda le letture, oltre quelle storiche tradizionali, amo leggere i racconti di Kafka, sebbene lo riconosco un pò ostico al primo impatto. Se parlo di cinema cito solo un nome per tutti: Kiesloski. La sua trilogia Film Bianco, Film Rosso, Film Blu. La televisione per uno come me che l’ha fatta e l’ha vissuta, parlo degli anni di Sila Tv, è un importante mezzo di comunicazione che ha volte si utilizza in modo improprio. Parlo soprattutto da giornalista, come uno che la televisione l’ha fatta e l’ha vissuta per tanto tempo, lavorando sul campo. Abbiamo una grande risorsa di democrazia intellettuale che spesso utilizziamo male.
Ci racconta la sua passione per la musica e del suo personale rapporto d’amicizia con Mina?
Amo la musica perché rappresenta il modo più naturale di esprimere emozioni ed idee. Penso ai grandi cantautori che hanno cantato il potere e l’autonomia operaia, le prime lotte sociali, le contestazioni contro il sistema clientelare di prima classe, che emarginava senza pietà gli emigranti meridionali a caccia di miglior sorte. Parlo di De Gregari, De Andrè, Battisti, per poi giungere alla grande Mina che ho conosciuto grazie all’amicizia con suo figlio Massimiliano Pani, avvenuta nel tempo in cui io facevo il critico musicale per la Gazzetta del Sud. Da allora in poi la nostra amicizia si è sempre più rinsaldata, ed ogni anno vado a trovarli nella loro casa di Lugano.
Ma dove trova tutto questo tempo così impegnato com’è in politica? Secondo noi in vacanza non ci andrà!
E invece ci andrò, godendomi la mia piccola, splendida casa in montagna dove sarò felice di trascorrere il mio tempo, tra libri, musica, studio, lavoro e politica. Mi auguri pure buone vacanze.
Del resto gli antichi e saggi latini scrivevano “Omnia munda mundis” cioè “tutto è puro per i puri” e così vogliamo immaginare questo vulcanico Franco Laratta, uomo della Sila di casa nostra, sangiovannese Doc, seguace del saio francescano, e della profezia del veltro dantesca che magnifica l’Abate Gioacchino, nella prima Cantica del sommo poeta. Un Franco Laratta, giornalista, scrittore, politico degasperiano e moroteo preso in prestito dalla sinistra della Margherita, in un’Italia che si sforza di mantenere la destra. Ammira l’operato di Papa Paolo VI che dice fu un grande riformatore e poi Don Luigi Sturzo. Buone solitarie vacanze, allora, e se in questi giorni farà una capatina a Lugano, provi a condividere un bel tramonto svizzero in mezzo alla folla. Si contamini pure con l’anima della folla. Pasquale Rossi ne sarebbe contento.
Francesca Pecora