Gli editori facciano un passo indietro
”Se qualcuno pensa che anche alla categoria dei giornalisti debba essere esteso l’aberrante principio del precariato e dello sfruttamento, sbaglia. Mi auguro che da un eventuale tavolo tra le parti col governo, ai giornalisti venga garantito, oltre il sacrosanto diritto ad un nuovo contratto, anche la possibilita’ di lavorare senza subire i diktat degli editori”. Lo ha detto, in una dichiarazione, il deputato dell’Ulivo Franco Laratta. Secondo Laratta, componente della Commissione Lavoro di Montecitorio, ”in Italia da un po’ di anni e’ andato via via normalizzandosi un metodo che da subito andava contrastato. Lo svecchiamento del mercato del lavoro, che pure si e’ reso necessario, e’ stato inteso furbescamente da molti come snellimento degli organici. In Italia come altrove, e la mia Calabria non e’ immune, questo rinnovamento e’ stato infatti interpretato e utilizzato, in maniera distorta, da chi intraprende e opera secondo il principio della massimizzazione dei profitti a tutti i costi. E il fatto che questo avvenga in quasi tutto il sistema lavoro per effetto di un automatismo subdolo sarebbe da estendere anche alla categoria dei giornalisti, che nel malaugurato caso di affermazione della linea degli editori, ne uscirebbe indebolita e con un doppio bavaglio: il primo applicato con alcune norme che limitano la liberta’ di espressione garantita dalla Costituzione; il secondo sara’ posto in modo che si possa tranquillamente ricattare il bisogno. Sarebbe utile per tutti che gli editori, a gran parte dei quali e’ anche garantito un contributo dello Stato, facessero marcia indietro rispetto alle loro assurde pretese, ristabilendo un rapporto di serenita’ con una categoria chiamata ad assolvere un compito vitale per il sistema democratico del nostro Paese. Ripetere errori del passato, quando la rivoluzione delle macchine ‘impose’ la graduale e inesorabile sostituzione della manodopera umana, non giova a nessuno. L’evoluzione tecnologica, senz’altro positiva, come internet, deve rappresentare pertanto un valore aggiunto e non uno strumento per alleggerire gli organici, ne’ per introdurre elementi di sfruttamento e precariato permanente. Se cosi’ fosse faro’ sentire la mia voce nelle sedi competenti per rivendicare i diritti dei colleghi giornalisti”.