De Paola, il poeta delle gente umile
Nei suoi scritti tutto l’orgoglio della calabresità, la bellezza della gente di montagna, il culto delle tradizioni, il fascino dell’essenziale. Le sue poesie sono un inno alla semplicità del vivere della gente umile, povera, che sapeva apprezzare ogni cosa, godendo della terra e dei suoi frutti. Nei suoi libri appare sempre la Calabria più bella, i suoi contadini, gli uomini e le donne di un tempo ormai scomparso. Quando tutto aveva senso, ogni cosa aveva un valore.
Esattamente cinque anni fa ci lasciava Emilio De Paola. Uomo colto, intellettuale brillante e profondamente innamorato della Calabria e della sua San Giovanni in Fiore. Amava e celebrava le tradizioni e la cultura silana, che ha raccontato in diverse raccolte di poesie. È stato giornalista, scrittore, impegnato in politica. La gura di Emilio De Paola merita di essere ricordata. Così come meritano di essere diffuse le sue bellissime poesie. E condivido in pieno il bel ritratto che ne ha fatto il giornalista Emiliano Morrone: “Custode supremo del passato, di una memoria di sentimenti, immagini, ricchezze del Sud”. Colpisce come nelle sue poesie la Sila venga raccontata “nella bellezza dei suoi angoli, dell’autenticità della gente montana, della tenacia dei suoi migranti. Ha saputo raccontare dettagli di storie isolate e taciute dal mondo digitale, conservandone la tipicità con una narrazione profonda, coinvolgente, elegante e scorrevole insieme”, ancora Morrone.
Quando racconta San Giovanni in Fiore lo fa con amore innito:
“Oh! paisiellu mio pregiatu e caru,
chi pigli r’a curina e r’a Risa,
u corsu corsu fai na bella scisa,
jungiennu pue allu ponte e l’Olivaru.
Si nturniatu e timpe e de valluni,
e pini, verze frische e cuntavuni.
Sì tuni lu paise e r’e patate,
e r’o Cuschinu e de le Pagliarelle,
e r’e sieliche longhe e de minelle
e de spiche r’o migliu mperticate”.
De Paola amava la politica, cattolico, democristiano di sinistra, amico personale di Riccardo Misasi, era a anco di Aldo Moro, allora ministro degli Esteri in visita in Sila agli inizi degli anni ‘70.
Fine umorista, spirito allegro e gioviale, amava la Calabria e la sapeva raccontare con la semplicità dei grandi poeti, con i versi giusti, le parole azzeccate, in quel dialetto di montagna che pure poteva apparire ai più ostico, duro. Ma che lui adorava.