Con il nero non andiamo da nessuna parte
Per il presidente e la Commissione regionale contro il lavoro sommerso, Franco Laratta il 30% del Pil che naviga nel sottobosco è davvero troppo.
Da Mezzoeuro di mercoledì 14 gennaio 2006
Sono anni che si parla di emersione dal sommerso della Calabria, ma il risultato resta sempre quello di una regione in testa alle classifiche per un numero di occupati in nero. Una posizione che
Presidente Laratta, dalle ultime rivelazioni statistiche
Non conviene affatto. Dobbiamo convincere i calabresi, le imprese come i lavoratori, che è proprio mettendosi in regola che unazienda diventa competitiva sul mercato. Il rischio grave che corriamo in Calabria è quello che si conviva con un mare di illegalità, che ormai non scandalizza più nessuno e che rischia di diventare normalità.
Il sommerso in Calabria assorbe il 30 per cento del Pil. Un dato abnorme, non pensa
Con questi livelli di sommerso, i più alti in Europa,
Disoccupazione, mancato sviluppo, precarietà del lavoro, disagio sociale, criminalità, illegalità diffusa, sommerso dilagante. Uno spaccato tutto meridionale e calabrese, presidente. È un problema culturale o solo labbandono forzoso da parte di Roma e dellEuropa
Ci sono entrambe le cose.
Anzi, le aziende calabresi delocalizzano Un fatto di convenienza?
Occorre legare le imprese al territorio. Non è possibile scappare via per opportunità e convenienza. E comunque è necessario riprendere e concretizzare il concetto che produrre in Calabria è opportuno e se ne traggono vantaggi a livello di fiscalità e garantendo allimpresa condizioni di sicurezza.
Presidente, esiste unaltra delocalizzazione che è quella dei nostri giovani. Alla fine degli studi in molti sostengono che
È necessario decidere che tipo di Calabria noi vogliamo costruire. In queste condizioni, con lagricoltura che langue, lindustria di fatto fuori mercato, con il turismo in gravissime difficoltà, lambiente, la storia, le tradizioni e la cultura della Calabrache non sono affatto valorizzate, i giovani non possono trovare opportunità concrete di lavoro produttivo e di qualità.
Secondo lei che dovrebbero fare il governo Loiero e il futuro governo nazionale?
Cè tantissimo da fare e non è un caso che il presidente Loiero ha parlato sin da subito di rivoluzione da fare in Calabria. È chiaro che con il costo del denaro che da noi è il doppio rispetto alle regioni del nord Italia, con le difficoltà enormi di accesso al credito, con una criminalità che devasta il tessuto sociale ed economico, senza una urgente e concreta fiscalità di vantaggio capace di attrarre investimenti in Calabria, noi non possiamo avviare una reale stagione di crescita e di sviluppo.
Serve una svolta concreta?
Direi radicale! Il presidente Loiero si sta muovendo nella logica di rifare daccapo
Il futuro cosa ci riserva?
La nostra speranza sono le nostre risorse comunitarie 2007 2013 per le quali la giunta regionale, il sotto
Lei presiede la commissione regionale per lemersione da poco meno di tre mesi. Troppo pochi per tracciare un bilancio. Ma sufficienti per individuare dei percorsi ed elaborare strategie. Cosa è stato fatto e cosa si dovrà ancora fare
Ho potuto registrare una mole progettuale interessante.
Parla spesso di ripristinare la legalità e recuperare il progetto per le regole. Come?
Cominciando dalle piccole cose: ognuno deve ritrovare il gusto di rispettare le regole e le norme di legge. Ognuno deve ritornare a fare il proprio dovere.
Chi secondo lei non rispetta le regole in Calabria?
Troppi. Sia nel pubblico che nel privato. È tutto un mare di illegalità diffusa e tollerata.
Anche nelle istituzioni
Anche nelle istituzioni spesso si va oltre la legge. E quando va bene si fa poco per rispettarla e farla osservare.
In un incontro insieme a monsignor Bregantini lei ha detto che per creare sviluppo occorre una politica delle piccole forze. Che significa?
Significa che lo sviluppo parte dal basso. In Calabria deve partire dal basso!e tante piccole imprese fanno una grande economia. Lo sviluppo comincia con luscita dalla stagione dellassistenza e dei lavori improduttivi.